Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


L'allerta tra la reticenza dell'imprenditore e l'opportunismo del creditore. Dal codice della crisi alla composizione negoziata (di Stefania Pacchi, Cattedra d’eccellenza nell’Università di Madrid “Carlos 3”)


Il saggio ripercorre la disciplina dell’allerta inserita nel Codice della crisi e dell’insolvenza per compararla sia con quanto indicato dalla Direttiva Insolvency sia con il sentiero protetto offerto dalla composizione negoziata introdotta dal D.L. n. 118/2021 e arricchita con le segnalazioni da parte dei creditori pubblici qualificati disposte dal D.L. n. 152/2021, più rilevanti.

 

The alert between the entrepreneur’s reticence and the creditor’s opportunism. From the crisis code to the negotiated settlement

The essay retraces the discipline of the alert included in the Crisis and Insolvency Code to compare it both with what is indicated by the Insolvency Directive and with the protected path offered by the negotiated settlement introduced by the Legislative Decree. n. 118/2021 and enriched with the reports by qualified public creditors arranged by the legislative decree n. 152/2021.

Keywords: Crisis and Insolvency Code, Alert, Negotiated Crisis Settlement, Qualifying Public Creditors, Insolvency Directive.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’approdo prima delle Riforme del 2005-2012 e poi del Codice della crisi - 3. I principi dell’allerta nel Codice della crisi - 4. La creazione di una rete di monitoraggio e di impulso - 5. Gli indicatori e gli indici della crisi - 6. La crisi - 7. Il coinvolgimento dei creditori pubblici qualificati - 8. L’Organismo di composizione della crisi (OCRI) - 9. Le responsabilità degli organi societari - 10. Lo sbocco del “processo” di allerta codicistico - 11. Dalla composizione assistita alla composizione negoziata - 12. L’allerta interna nella composizione negoziata - 13. L’allerta esterna - 14. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

In un contesto socioeconomico come quello attuale, complesso e caratterizzato da una generalizzata recessione, la crisi dell’impresa da evento episodico è divenuta situazione endemica. Di conseguenza, in prossimità della scadenza delle misure emergenziali assunte dal governo per rimediare alle falle che si erano improvvisamente aperte nel sistema delle attività produttive a causa del lock-down, disposto per favorire l’isolamento del virus [1], diveniva pressante l’esigenza di una disciplina concorsuale efficace ma “leggera” che potesse “invogliare” le attività economiche in crisi ad intraprendere tempestivamente una soluzione, preferibilmente negoziale, per mantenere la continuità diretta o indiretta [2]. Tale esigenza nasceva anche dalla convinzione che la “cassetta degli attrezzi” [3] a disposizione, ancorché nutrita, fosse inadeguata alle necessità emergenti dalla particolare quanto atipica situazione post-pandemica [4]. Così agli strumenti disciplinati nella vigente Legge fallimentare e a quelli contenuti nel testo di prossima vigenza – il Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII) – se ne è aggiunto un altro, fortemente innovativo e, quindi, di notevole impatto sul sistema. Per vero, già dal 2005 il nostro Ordinamento concorsuale procedeva verso nuovi orizzonti: dalla liquidazione sanzionatoria dell’imprenditore insolvente con disgregazione del complesso aziendale, avevamo assistito all’emersione e al radicamento dell’idea della continuità, possibile se l’impresa (o almeno l’azienda) è sana e, allora, utile non solo a conservare valori ma anche a soddisfare meglio i creditori. Oggi l’Ordinamento – con il D.L. n. 118/2021 conv. nella L. n. 147/2021 [5] – addita un nuovo percorso – “protetto” e guidato da un facilitatore – al termine del quale è disponibile un caleidoscopio di soluzioni, tra le quali può essere estratta quella più appagante [6]. Il recente approdo legislativo rivela che la crisi economica già in corso nel 2019 e aggravata dalla pandemia, ha indotto il Legislatore verso un ancor più nuovo approccio [7] con ribaltamenti di prospettiva, ulteriori e almeno parimenti rilevanti, rispetto a quelli provocati dalle riforme susseguitesi dal 2005 [continua ..]


2. L’approdo prima delle Riforme del 2005-2012 e poi del Codice della crisi

Già l’ondata riformatrice iniziata nel 2005 aveva scosso un ordinamento che era rimasto immobile per quasi sessant’anni mettendoci dinanzi al passaggio – da ritenersi mutamento epocale – “from a law of morality to a law of continuity” [19]. Nella consapevolezza che con la conservazione dell’impresa (o del solo complesso aziendale), se ancora viable [20], si potessero più efficacemente tutelare sia il coacervo di valori che questa rappresenta (posti di lavoro, produzione di ricchezza, sviluppo, ecc.) che lo stesso creditore, quel movimento riformatore abbandonava, infatti, l’impostazione sanzionatoria dell’insolvenza, conseguentemente attribuendo quella posizione di centralità fino ad allora detenuta dal fallimento agli strumenti giudiziali e stragiudiziali per la continuità. La transizione è stata portata a compimento dal Codice della crisi e dell’in­solvenza che, espungendo il vocabolo fallimento e sostituendolo con liquidazione giudiziale, annulla la connotazione di disvalore con cui si additava all’insuccesso dell’attività imprenditoriale [21]. Questo, come la malattia e la morte dell’individuo, fa parte della “vita” dell’impresa e deve essere valutato dal creditore [22] fin dal momento in cui inizia un rapporto contrattuale, di modo che il momento dell’esterio­rizzazione della crisi possa segnare l’apertura, non di conflitti e contrapposizioni, bensì di una collaborazione, melius di un solidarismo [23]. L’impostazione, tradotta nei comportamenti delle parti, può portare alla gestione sostenibile della crisi con un cambio, però, di prospettiva: da un’azione basata sul metodo autoptico (autopsia post mortem) a una basata sul real time action [24] che, muovendo dal bilancio dell’effettiva situazione in cui versa l’impresa e di una selezione attenta delle possibili soluzioni, possa soddisfare, non solo le parti direttamente coinvolte, ma anche tutti gli stakeholder, il tessuto economico produttivo e la comunità locale. A tal fine è la stessa legge, – la riforma del 2019 – in una ponderazione degli interessi, che spinge a che imprenditore-debitore, creditori e stakeholder lavorino insieme su un piano di correttezza, trasparenza e buona fede per risolvere la crisi non solo nel modo meno dannoso per [continua ..]


3. I principi dell’allerta nel Codice della crisi

Con gli artt. 12-15 del Codice della crisi [47] fa, dunque, ingresso nel nostro Ordinamento un “sistema di allerta” che costituisce un sensibile cambiamento per tutte le imprese: piccole – “compatibilmente con la loro struttura organizzativa” –, medie, imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa con esclusione delle grandi imprese, dei grandi gruppi, delle s.p.a. con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante e di quelle quotate in sistemi multilaterali di negoziazione, soggetti ad autorizzazione della Consob [48]. La disciplina dell’allerta codicistica è in linea con la cultura del momento che, a fronte dell’insuccesso di molte procedure preventive – perché tutti i tentativi di spingere le imprese verso un outing tempestivo erano risultati vani – avendo partorito una totale sfiducia verso comportamenti virtuosi, spingeva verso una disciplina che, senza attribuire l’iniziativa per la domanda di una procedura preventiva ai creditori, in presenza di segnali di pericolo di insolvenza, immettesse l’impresa anche obtorto collo in un terreno che la facesse approdare o a una soluzione o al fallimento. Per comprenderne l’impalcatura è necessario leggerla partendo dagli artt. 3 e 4, nei quali il Codice della crisi fissa i doveri – i comportamenti – che debitore e creditori, nell’ambito della tutela dei propri diritti, devono tenere e precisamente il primo con riferimento all’organizzazione dell’attività ed entrambi rispetto alla gestione della crisi [49]. Per rendere effettiva la tempestività l’art. 3 pone, come strumento di vertice, l’organizzazione interna dell’impresa, mentre l’art. 4 inserisce, quali valvole di sicurezza del sistema, i canoni civilistici comportamentali – buona fede e correttezza – declinandoli in un onere informativo completo, veritiero, trasparente e funzionale allo strumento concorsuale prescelto e in un dovere di “iniziativa/azione” rapida e funzionale alla realizzazione dell’obbiettivo di regolamentazione della crisi nell’in­teresse “prioritario” dei creditori. Nessuno dei requisiti, sopra citati, ai quali il comportamento delle parti deve rispondere deve ritorcersi a pregiudizio né del debitore, né dei creditori. La tempestività [continua ..]


4. La creazione di una rete di monitoraggio e di impulso

Con il CCII assistiamo alla creazione, ora in tutte le imprese – individuali societarie, commerciali e no, e anche in quelle non formalmente imprenditoriali (associazioni, fondazioni e consorzi che esercitano un’impresa) [58], – di una rete di monitoraggio per l’esatta e immediata rilevazione dei segnali di crisi [59] e di conseguente impulso per l’assunzione di rapide decisioni sul metodo per superare le difficoltà. Si tratta di “una crescita culturale” [60], di un metodo, per seguire le vicende della gestione e delle obbligazioni in corso, che non è lasciato alla discrezionalità né del­l’imprenditore, né dei creditori (in particolare dei creditori pubblici qualificati) perché è ad essi imposto. Agli organi interni dell’impresa, – e in primis agli amministratori – sui quali incombe – essendo “il cuore della funzione gestoria” [61] – la creazione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati [62] e il monitoraggio incessante sulla loro conformazione e funzione nonché sulla plastica permanente corrispondenza alla dimensione e alle esigenze gestionali, spetta il compito di cogliere ogni sintomo di malfunzionamento, di disagio economico, finanziario o patrimoniale, mentre ai creditori qualificati, quali soggetti esterni ma pur collegati all’attività, vigilando sullo stato delle obbligazioni facenti capo all’impresa, spetta quello di denunciare tempestivamente agli amministratori ritardi significativi negli adempimenti [63] provocando una loro attivazione. La rete ha però l’ulteriore funzione di impulso – che costituisce in definitiva l’essenza dell’allerta – dovendo l’organo amministrativo, recepite le segnalazioni, attivarsi immediatamente e, allora, scegliere il percorso ritenuto più adeguato alla dimensione e natura della crisi, altrimenti innescandosi un meccanismo che spingerà l’impresa verso una composizione assistita “indotta” o, altrimenti, verso la liquidazione giudiziale per la quale anche l’organo di controllo detiene la legittimazione alla richiesta. L’istituzione del sistema di allerta non comporta, quindi, soltanto prescrizioni, organizzative e comportamentali, alle quali l’impresa debba attenersi una volta emersi alcuni segnali di [continua ..]


5. Gli indicatori e gli indici della crisi

Alla previsione circa l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati si collegano gli “Indicatori della crisi” di cui al 1° comma dell’art. 13. Questi consistono in squilibri di natura finanziaria, reddituale o patrimoniale, – parametrati alle peculiari caratteristiche dell’impresa nonché alla data di costituzione e di inizio dell’attività – che rivelano la non sostenibilità della debitoria (la norma parla di “ritardi reiterati e significativi”) per almeno i sei mesi successivi e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi [70]. Per “cogliere e misurare” la crisi giuocano un ruolo essenziale “gli indici”: tra questi assumono peculiare importanza quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che possono essere generati dall’impresa e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli dei terzi. Essi consentono di percepire in tempo utile l’emersione della crisi e, quindi, assumendo tempestivamente le misure idonee, di preservare le imprese in difficoltà dall’insolvenza che potrebbe svilupparsi nei successivi sei mesi se non fossero assunti correttivi. A ciascun personaggio della crisi propri indicatori. Il legislatore vuole coinvolgere i principali protagonisti di una crisi e a tal fine utilizza strumenti diversamente affilati, collocati all’interno della fucina del sistema di Allerta. Così ai gestori, controllori e creditori spettano strumenti rilevatori di tipo e natura diversi. Essi consistono (secondo le indicazioni dell’art. 13, 1° comma) in situazioni sintomatiche di una crisi e sono identificati dal CNDCEC: a) nell’assenza della sostenibilità del debito nei successivi sei mesi; b) nel pregiudizio per la continuità aziendale nell’esercizio in corso o quanto meno per i sei mesi di durata residua; c) nella presenza di ritardi reiterati e significativi nei pagamenti, avendo anche riguardo ai limiti posti ai fini delle misure premiali dall’art. 24 CCI [71]. Perché l’attività di monitoraggio sia efficace occorre però determinare la casistica di [continua ..]


6. La crisi

L’individuazione del momento in cui l’impresa entra in crisi e la definizione di tale concetto diventano necessarie per assicurare l’efficace operatività pratica dell’istituto di allerta (l’art.14, 1° comma, CCII fa riferimento ai “fondati indizi di crisi”)  [74]. L’accesso a uno degli strumenti (compositivi e liquidativi) disciplinati dal CCII suppone l’esistenza o di uno stato di crisi, inteso quale “squilibrio economico finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” (art. 2, 1° comma, lett. a) [75] o di uno stato d’insolvenza, che vede come sua espressione inequivocabile l’impotenza irreversibile a far fronte alle obbligazioni, secondo la sedimentata definizione dell’art. 5 L. Fall. ripresa pedissequamente dall’art. 2, 1° comma, lett. b), CCII. Di quale crisi deve trattarsi? Sappiamo, infatti, che la crisi, sotto il profilo strettamente terminologico corrisponde a una perturbazione o improvvisa modificazione di un’attività economica organizzata, prodotta da possibili molteplici cause, concomitanti o meno, ora interne al singolo organismo, ora esterne, ma in ogni caso capaci di minarne l’esistenza o la continuità. Diversa può essere la causa della crisi, diverso può essere il settore in cui si manifesta, diversa può esserne la dimensione, diversi i suoi stadi. La crisi è, infatti, un fenomeno economico a fattori variabili: può essere esogena o endogena, a seconda che la sua matrice sia rinvenibile principalmente all’esterno (nel sistema d’imprese, nella contingenza politico-economica nazionale o anche internazionale, ecc.) o, invece, all’interno dell’impresa; può essere finanziaria o economica, a seconda che sveli una problematica relativa soltanto ai rapporti di debito credito o, invece, investa la stessa collocazione dell’impresa sul mercato; può essere reversibile o irreversibile, a seconda della prognosi che può essere formulata, una volta compiuta l’analisi sulla situazione economica e su quella finanziaria dell’or­ganismo produttivo. Mentre sul piano economico si può avere crisi anche quando l’equilibrio relativo ad uno dei diversi [continua ..]


7. Il coinvolgimento dei creditori pubblici qualificati

Anche i creditori – come dicevo – sono coinvolti perché diano il loro contributo all’emersione tempestiva della crisi. Non tutti però sono chiamati a un impegno di monitoraggio e di disclosure: soltanto certi selezionati creditori qualificati devono attivarsi e in presenza del perdurare di inadempimenti di importo rilevante [78]. Tra questi rientrano l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto nazionale della previdenza sociale e l’Agente della Riscossione che hanno l’obbligo, per i primi due soggetti a pena di inefficacia del titolo di prelazione spettante sui crediti dei quali sono titolari, per il terzo a pena di inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione, di segnalare [79] al debitore che l’esposizione debitoria ha superato l’importo rilevante per come individuato dalla legge. Se entro novanta giorni dalla ricezione dell’avviso egli non avrà estinto o altrimenti regolarizzato per intero il proprio debito con le modalità previste dalla legge o non avrà presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, essi ne faranno segnalazione all’OCRI (Organismo di Composizione della Crisi di Impresa). Tali soggetti si muovono sulla base di elementi da monitorare e di soglie di attenzione. Oggetto del loro monitoraggio è il livello di indebitamento dell’impresa (di tutte le imprese) sul quale devono informare imprenditori, organi di gestione e di controllo [80]. La segnalazione è, nel primo stadio, all’interno dell’impresa per passare, in difetto di attivazione dell’organo deputato a gestire anche la crisi, a comunicare la situazione di inadempienza grave all’OCRI. Si tratta di un obbligo di avviso e segnalazione particolarmente incisivo – “un detonatore inedito” [81] che determina in caso di inosservanza una sanzione per il creditore – con il quale il Legislatore del Codice della crisi intendeva costruire “una solidarietà per raggiungere un risultato utile per le parti e per tutti gli stakeholder” [82]. In questo senso il ruolo dei creditori pubblici qualificati riveste importanza estrema per due motivi. In primo luogo, è noto che le imprese dinanzi alle prime difficoltà si finanziano sospendendo i pagamenti dovuti [continua ..]


8. L’Organismo di composizione della crisi (OCRI)

Nell’intento di agevolare la composizione della crisi, il Codice, inoltre, pone sullo sfondo un soggetto, che già aveva fatto, se pur con altre sembianze e poteri diversi [88], la sua comparsa nel nostro Ordinamento per mano del Legislatore delle procedure da sovraindebitamento: si tratta dell’OCRI, deputato a ricoprire varie funzioni di diversa natura: da quella di recettore di notizie di crisi; a quella di facilitatore, di advisor, di attestatore [89], di istruttore nel procedimento di composizione assistita, ecc. L’OCRI è il destinatario ultimo o eventuale delle informazioni circa i segnali di crisi affinché, chiamato in causa direttamente dall’imprenditore o dagli organi di controllo, o, in assenza di attivazione da parte degli amministratori, da chi ha aperto l’allerta, prenda in mano il timone della vicenda. L’Organismo agisce su sollecitazione per porre rimedio alla crisi [90]. Non può agire di propria iniziativa. L’OCRI è istituito presso ciascuna Camera di commercio, viene organizzato nell’Ufficio del Referente (nella persona del Segretario della CCIAA o di un suo delegato), che ne è il responsabile. Tale Ufficio è costituito dalla singola CCIAA per gestire le attività: 1) di nomina del Collegio di esperti, “braccio armato del­l’organismo” [91]; 2) di secretazione dei dati e i flussi informativi con i Collegi e ha il compito di assicurare la tempestività del procedimento e il rispetto degli adempimenti e dei termini. Il Collegio deve essere composto rapidamente (entro tre giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta) e deve essere formato, “secondo criteri di trasparenza e efficienza, tenuto conto, in ogni caso della specificità dell’incarico”, da tre esperti, designati – tra gli iscritti all’istituendo albo di professionisti di nomina giudiziale (“Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza”) – uno dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale competente in base alla sede legale dell’impresa (o da un suo delegato), uno dal presidente della CCIAA e uno designato dall’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore, scegliendo tra tre [continua ..]


9. Le responsabilità degli organi societari

Il Legislatore disegna norme comportamentali dell’imprenditore e degli organi societari che, se disattese, fanno scattare responsabilità. Il nuovo ruolo che ricoprono i controlli interni da parte dei collegi sindacali e dei revisori ha un’immediata conseguenza sulla gestione e governo delle imprese sia in punto di organizzazione che di responsabilità [101]. A fronte dei doveri di rilevazione e di informazione e di reazione troviamo, così, le relative responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, con le azioni esercitabili nei loro confronti in caso di omissione. L’ art. 2476 prevede la responsabilità degli amministratori verso i creditori delle società a responsabilità limitata (azionabile anche dal curatore) per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, recependo l’orientamento prevalente della giurisprudenza [102]. Per i sindaci e i revisori, a fronte del progressivo allargamento delle ipotesi di responsabilità e al fine del riequilibrio del sistema, si introduce l’esonero da responsabilità (art. 14, 3° comma, CCII) quando gli organi di controllo abbiano comunque effettuato la segnalazione all’OCRI che può avere ad oggetto anche i fatti o le omissioni degli amministratori “successivi alla predetta segnalazione”. Non è sufficiente, quindi, che gli organi di controllo abbiano fatto la segnalazione agli amministratori, dovendo essere seguita dall’invio senza indugio dell’infor­mazione all’OCRI “fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga al disposto dell’art. 2407, primo comma, del codice civile quanto all’obbligo di segretezza” (art. 14, 2° comma, CCII) [103] e dell’art. 9-bis, 1° e 2° comma, del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 quanto all’obbligo di segretezza [104]. Da quanto esposto si ricava che in presenza di una crisi l’operato degli amministratori viene analizzato sotto due profili: in primo luogo per verificare l’adegua­tezza degli assetti organizzativi prescelti e in secondo luogo per valutare la prontezza della loro reazione agli stimoli ricevuti per intervenire prontamente. Rilevati i segnali di crisi l’operato degli amministratori si pone su una linea obbligata: quella di [continua ..]


10. Lo sbocco del “processo” di allerta codicistico

Qual è la finalità di questo “processo” di allerta codicistico? In prima istanza consentire all’impresa di procedere ad una riorganizzazione interna – qualora un processo in tal senso sia sufficiente – con il vantaggio di non far trapelare notizie all’esterno circa le difficoltà in corso, in quanto i creditori non sarebbero coinvolti. In seconda istanza – se una riorganizzazione interna non potesse produrre risultati utili –tentare una ristrutturazione dei debiti mediante un accordo di composizione assistita della crisi riservato e confidenziale davanti all’OCRI ma, in ogni modo, con il coinvolgimento dei (o di alcuni) creditori. In terza istante, essendo stato posto sul tappeto il “problema crisi”, non componibile però davanti a un OCRI, il ricorso tempestivo ad uno degli strumenti – compositivi o meno – della crisi o dell’insolvenza. L’idea-guida sarebbe quindi di sottrarre la soluzione compositiva alla luce dei riflettori dei tribunali, grazie ad una ristrutturazione interna dell’impresa (ma non dei debiti) o alla composizione assistita, potendo questa rimanere conosciuta soltanto da coloro che vi partecipano. Nella relazione illustrativa al Codice della crisi è spiegato che “con le misure di allerta, si mira a creare un luogo d’incontro tra le contrapposte, ma non necessariamente divergenti, esigenze, del debitore e dei suoi creditori, secondo una logica di mediazione e composizione, non improvvisata e solitaria, bensì assistita da organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata, con tutti i riflessi positivi che ne possono indirettamente derivare, anche in termini deflattivi del contenzioso civile e commerciale”. La composizione assistita della crisi costituisce, dunque, un “setting negoziale”, “un percorso preconcorsuale” gestito dall’OCRI e che può condurre alla stipulazione di un accordo depositato presso l’OCRI, pubblicabile presso il registro delle imprese su richiesta del debitore e con il consenso dei creditori interessati, conosciuto soltanto da quei creditori che vi hanno partecipato e che sono tenuti alla riservatezza, privo di attestazione sulla fattibilità, sottratto a qualsiasi controllo giudiziale, che genera effetti soltanto tra gli aderenti, coperto (su richiesta al giudice presentata dal debitore) [continua ..]


11. Dalla composizione assistita alla composizione negoziata

Quello disegnato dal Codice della crisi per l’allerta non è un tracciato libero. È un tracciato nel quale, una volta che l’impresa sia entrata – o spontaneamente o per una spinta esterna – lo sbocco è segnato: quello della composizione assistita o quello di una procedura concorsuale concordataria o liquidativa. Secondo una certa impostazione è un sentiero che impatta sull’impresa, civilisticamente inquadrata come bene del soggetto che organizza i fattori produttivi e sul­l’imprenditore che, così stando le norme, viene condizionato nella propria autodeterminazione per quanto riguarda sia l’immissione nel percorso, sia l’assistenza “imposta” di un organismo collegiale (OCRI). Questa disciplina, disegnata nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, è apparsa pericolosa quando l’intero tessuto economico risulti colpito – come accade nel momento attuale – da una gravissima difficoltà economica e finanziaria [113]. Durante questa pandemia è stato più volte osservato che in tempi di crisi estreme devono aprirsi spazi per soluzioni che permettano all’impresa di rimanere sul mercato o, quanto meno, di recuperare in una continuità indiretta il complesso aziendale; che siano meno burocratiche delle esistenti [114] – senza dover provare stringenti requisiti e passare da complesse procedure – e che consentano una rinegoziazione delle obbligazioni retta dai canoni di collaborazione e lealtà connessi al solidarismo contrattuale [115]. Ciò tanto più quando esistono disequilibri tra le parti in termini di conoscenza tecnica e informazione (è il problema, in particolare, delle pmi) e quando – come avviene in questa “insolpandemia” [116] – ciascuna delle parti è allo stesso tempo debitore e creditore. In queste circostanze lo strumento negoziale è quello più adatto anche perché non è imperniato sulla contrapposizione tra debitore e creditori, ma piuttosto sulla ricerca congiunta di una risposta adeguata al problema che affligge tutti, cercando di puntare alla conservazione della relazione economica. L’accordo si proietta oltre la soluzione del [continua ..]


12. L’allerta interna nella composizione negoziata

Il D.L. n. 118/2021 apre, quindi, a uno strumento che l’impresa utilizza con qualche “ingerenza” e pungolo esterno ma senza inarrestabili scivolamenti in un procedimento dagli inquietanti scenari per possibili pericolose degenerazioni [126]. La presenza “operosa” dell’organo di controllo [127] – in funzione di un’allerta interna, ossia della rilevazione tempestiva della crisi – è però al centro della disciplina grazie all’art. 15 (D.L. n. 118) [128] che si ricollega alla linea del Codice della crisi scolpita, attraverso l’art. 375, nell’art. 2086 c.c., dove si è fatto obbligo a tutte le imprese, a partire dal 16 marzo 2019, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni della impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi. La norma citata (art. 15, D.L. n. 118/2021) – sia pure con implicazioni profondamente diverse da quelle proprie dell’allerta interna codicistica – attribuisce all’organo di controllo il compito proprio della funzione di “vigilante e referente” di segnalare tempestivamente il rilevamento di una condizione di “sofferenza” – crisi o pre-crisi – che integra gli estremi dei presupposti per la richiesta della nomina dell’esperto. La sequenza che dobbiamo immaginare è quella che in primis vede l’organo di controllo svolgere – in funzione della prevenzione – la vigilanza di cui è investito sull’adeguatezza degli assetti amministrativi, organizzativi e contabili, cogliendo tempestivamente gli eventuali sintomi di squilibrio, e, quindi, se del caso – in funzione proattiva – stimolando l’organo amministrativo ad attivare i rimedi finalizzati a prevenire la degenerazione della crisi o il suo prodursi e non già posti in essere dall’organo amministrativo. La norma non si limita a ripercorrere la sequenza del 2086 c.c. – fondamenta dell’allerta interna codicistica – poi funzionalizzandola anche al tempestivo accesso alla composizione negoziata. Tale funzione, declinata rispetto alla composizione negoziata, implica un impulso verso gli amministratori denunciando loro la presenza delle condizioni per la richiesta della nomina dell’esperto. Si tratta, quindi, di un’attività che spetta [continua ..]


13. L’allerta esterna

Se fino al 29 dicembre 2021 [136], sulla base dell’art. 15 del D.L. n. 118/2021, potevamo affermare che la composizione negoziata era dotata di un’allerta interna, sia pure rielaborata in armonia all’idea di dar vita a uno strumento meno rigido e affilato rispetto a quanto contenuto nell’art. 14 del CCII, rispetto all’allerta esterna dovevamo rilevarne l’assenza visti i rinvii che avevano interessato sia tutto il regime codicistico racchiuso nel Titolo II cap. I del CCII. Così è stato fino all’emanazione del D.L. n. 152/2021 che, ad opera della L. n. 233/2021 di conversione del decreto PNRR che introdotto l’art. 30-sexies, ripropone il tema del tempestivo accesso al percorso protetto e facilitato tramite l’allerta esterna con la previsione della segnalazione dei creditori pubblici qualificati (Inps, Agenzia delle entrate e Agente di riscossione) dei ritardi nei versamenti di contributi e imposte i quali, (art. 30-ter, D.L. n. 152/2021) avranno a disposizione – attraverso la piattaforma telematica di accesso alla composizione negoziata – le informazioni relative a Centrale rischi di Bankitalia, oltre alla documentazione caricata dall’imprenditore nella fase di ingresso alla procedura o successivamente. La segnalazione diretta all’imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo [137], innesca un’induzione alla composizione negoziata – deve contenere contiene l’invito a richiederla – però, rispetto all’allerta esterna codicistica, è circoscritta all’impulso trasmesso dal creditore pubblico qualificato all’organo gestorio e a quello di controllo. La segnalazione deve essere tracciabile per cui la legge ne dispone l’invio tramite posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’indirizzo risultante dall’anagrafe tributaria. La disposizione prevede che: l’Inps segnali i ritardi di oltre 90 giorni del pagamento di contributi per somme superiori al 30% di quelli relativi all’anno precedente; e a 15 mila euro, ridotti a 5 mila se non ci sono dipendenti; l’agenzia delle Entrate, segnali l’omesso versamento del debito Iva superiore all’importo di euro 5.000, che emerge risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all’articolo 21-bis del D.L. 31 maggio [continua ..]


14. Conclusioni

Mentre l’allerta cd. interna si estrinseca nel segnalare i “fondati indizi della crisi”, vale a dire gli “squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa, l’allerta cd. esterna – con la segnalazione effettuata dai creditori pubblici qualificati – scatta al superamento di una soglia di esposizione debitoria di importo rilevante. Oggi, dopo l’emanazione del D.L. n. 152/2021 possiamo, quindi, affermare che la composizione negoziata è dotata di un meccanismo di segnalazioni provenienti sia dall’interno che dall’esterno. Questo ultimo upgrade della disciplina della composizione negoziata – che nello Schema di D.Lgs. di modifica del CCII per il recepimento della Direttiva Insolvency sostituisce l’originaria disciplina dell’allerta – mostra un loro indubbio alleggerimento, probabilmente più armonico con lo spirito della Direttiva Insolvency. Ciò che apparenta i due segmenti nei quali la disciplina della composizione negoziata, come del resto quella del CCII, struttura la spinta dell’imprenditore – l’allerta interna e quella esterna – è il punto d’arrivo: entrambi conducono alla valorizzazione dei compiti dell’organo di controllo. Il ruolo dei creditori pubblici qualificati si riassume esclusivamente nella segnalazione del mancato pagamento ma spetta in definitiva agli organi interni valutare l’effettiva rilevanza di tale avviso. Sotto tale profilo la disciplina dell’allerta si colloca sulla linea di confine tra diritto fallimentare e diritto societario. Da un lato le segnalazioni incidono sulla responsabilità degli organi societari interni dall’altro anticipano l’area della tutela dei creditori ad una fase precedente a quella in cui, per tradizione storica, il diritto fallimentare entra in azione [138]. Assistiamo, così, al passaggio dalla fiducia in una decisione spontanea dell’im­prenditore al riconoscimento della necessità di una suadente induzione all’entrata nel percorso che può condurre alla composizione negoziata. L’allerta esterna affidata ai creditori pubblici qualificati – se pure non ancora completata da necessari contrappesi – pare essere, dunque, avvertita dal legislatore come un imprescindibile valvola di sicurezza della composizione [continua ..]


NOTE