Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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L'unitarietà del procedimento e la flessibilità degli strumenti nel nuovo codice della crisi e dell'insolvenza (di Lucilla Galanti, Ricercatrice in Diritto processuale civile e docente di Teoria Generale del Processo nell'Università degli Studi di Firenze)


Il contributo analizza il nuovo procedimento unitario, con particolare riguardo al ruolo chiave rivestito dalla flessibilità delle forme in cui è consentito il passaggio tra gli strumenti che su di esso si “innestano”, e allo scenario dei principi processuali generali che al procedimento fanno da cornice. Una specifica riflessione viene riservata ai lineamenti processuali del nuovo piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.

The unity of proceedings and the flexibility of instruments for crisis regulation in the new crisis and insolvency code

The study examines the new unitary procedure, with an emphasis on the role of flexibility between instruments and the overarching procedural principles that govern the proceedings. The study also explores the procedural features of the new restructuring plans subject to approval.

SOMMARIO:

1. Una rinnovata dimensione “processuale” nel diritto della crisi e dell’in­solvenza - 2. Il contesto dei principi processuali “generali”: domanda, rinuncia e legittimazione - 3. Procedure e procedimento: pluralità delle iniziative e unicità del giudizio - 4. (Segue): i meccanismi di coordinamento tra iniziative in cui si esprime l’unitarietà del procedimento - 5. L’unitarietà nella regola di graduazione tra iniziative e in fase di impugnazione - 6. Interazione e flessibilità tra strumenti offerti dal c.c.i.i. - 7. Lineamenti processuali del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione - 8. (Segue): e sua collocazione entro il procedimento unitario: accesso, flessibilità tra strumenti e modifica della domanda - 9. Alcune riflessioni conclusive sul valore dell’unitarietà processuale e della flessibilità tra gli strumenti - NOTE


1. Una rinnovata dimensione “processuale” nel diritto della crisi e dell’in­solvenza

A seguito dell’entrata in vigore del c.c.i.i. il 15 luglio 2022, nel presente contributo si intende ripercorrere i lineamenti processuali degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza offerti al debitore nel quadro del procedimento unitario; a quest’ultimo sono dedicate le riflessioni che seguono, per poi soffermarsi sul coordinamento procedimentale con il più nuovo degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che si pongono (e, come si vedrà, ricompongono) entro il procedimento, ossia il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Può essere utile premettere un dato sistematico, che denota una rinnovata consapevolezza circa il ruolo rivestito dal “processo” nella gestione della crisi e del-l’insolvenza [1]: all’interno del c.c.i.i. le disposizioni processuali precedono quelle sostanziali, collocandosi nella parte I, al titolo II, per quanto riguarda i principi, e al titolo III, in cui le disposizioni sul procedimento sono riunite in un sotto-sistema organico, anteposto alla disciplina sostanziale dei singoli strumenti di regolazione della crisi, che segue al titolo IV, e della liquidazione giudiziale, di cui tratta il titolo V [2]. Su tale dislocazione, congenita al c.c.i.i. fin dalla sua conformazione originaria, le ultime modifiche attuate con il decreto di recepimento della Direttiva UE 2019/1023 [3] hanno completato la separazione dei diversi profili [4], così da rimarcare la dimensione “strutturalmente” unitaria che connota il procedimento. Ed anzi, come si vedrà, è proprio l’unitarietà del procedimento a fungere da collante di fronte al vasto scenario di strumenti a disposizione del debitore, che risulta ulteriormente arricchito all’esito della riforma: nella pluralità di misure di cui il debitore può servirsi, la vera linea di unione è quella processuale, e la contrapposizione tra molteplicità sostanziale e unicità del giudizio si risolve, come si darà conto, nella flessibilità che consente di muoversi tra misure diverse.


2. Il contesto dei principi processuali “generali”: domanda, rinuncia e legittimazione

Pare opportuno partire dai principi a cui il procedimento unitario è ispirato: il sotto-sistema organico delle disposizioni processuali è infatti informato ai principi “generali”. In tal senso, l’iniziativa per l’accesso al procedimento è governata, innanzitutto, dal principio della domanda (art. 37) [5], che si riflette in una legittimazione al «plurale» [6]: da un lato quella del debitore, al quale spetta in via generale la legittimazione ad agire per l’accesso ad ognuno degli strumenti previsti dal c.c.i.i., e dall’altro quella degli altri soggetti, che sono legittimati limitatamente alla domanda di liquidazione giudiziale. Ne deriva che la domanda per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza è proposta con ricorso del debitore (art. 37, 1° comma), mentre quella per l’apertura della liquidazione giudiziale può essere proposta, oltre che dal debitore, anche dal pubblico ministero, dai creditori e dagli organi e dalle autorità amministrative con funzioni di controllo e vigilanza sull’im­presa (2° comma), rispetto ai quali la legittimazione attiva si trova così specificata rispetto alla legge fallimentare [7]. L’esclusione dell’iniziativa officiosa deve appunto intendersi come applicazione dei principi che ispirano il processo civile, nell’ottica di una disciplina processuale “comune” entro la quale si colloca anche il procedimento unitario [8], mentre gli interessi generali sottesi alla gestione dell’insolvenza trovano espressione nell’iniziativa del pubblico ministero. Alla legittimazione di quest’ultimo è infatti appositamente dedicato l’art. 38, che gli consente di presentare il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui abbia notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza [9]. Espressione del principio della domanda è anche il potere di rinunciarvi, disciplinato dall’art. 43. Il decreto di recepimento della direttiva ha in tal senso specificato che, in caso di rinuncia alla domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale, il procedimento si estingue solo se non viene manifestata «la volontà di proseguirlo da parte degli intervenuti o del pubblico ministero per [continua ..]


3. Procedure e procedimento: pluralità delle iniziative e unicità del giudizio

Ai “generali” principi processuali si accostano quelli che caratterizzano nello specifico il procedimento, a partire da quello di unitarietà. Nella versione definitiva del c.c.i.i., il procedimento unitario torna infatti ad essere un vero e proprio procedimento «unico» [15], entro il quale confluiscono e trovano coordinamento le distinte iniziative volte ad accedere agli strumenti offerti al debitore, si tratti della liquidazione giudiziale, del concordato preventivo, di uno degli accordi di ristrutturazione, oppure del nuovo piano di ristrutturazione omologato. Il binomio che si deve tener presente quando ci si accosta ad esaminare i nuovi profili processuali degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza è proprio questo: pluralità delle procedure, unicità del procedimento [16]. Seppure gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza siano caratterizzati da reciproca autonomia e disciplinati da regole sostanziali proprie [17], il procedimento è uno: esso non si limita a raccogliere iniziative distinte come un semplice contenitore, ma – recuperando e portando a compimento l’originaria impostazione della riforma, in una versione “implementata”, in cui si tiene in considerazione sia la riunione di domande (art. 7) sia la possibilità che il “cumulo” si realizzi automaticamente sulla base di una domanda riconvenzionale (art. 40) – viene a rappresentare piuttosto una cornice processuale organica, entro la quale trovano coordinamento i singoli «percorsi» che scaturiscono dalla domanda di accesso. Percorsi che, come si vedrà, possono essere plurimi, ma che dentro tale cornice processuale si ricompongono unitariamente, confluendo entro quello che, nella versione definitiva del codice, rappresenta un giudizio altrettanto «unico» [18]. Muove in tal senso il principio di unitarietà, su cui si incardina l’intero sotto-sistema delle disposizioni processuali, e che si colloca tra i principi dettati all’in­terno della sezione III, del titolo II, capo II. Esso si esprime nell’unitarietà della trattazione sancita dall’art. 7, 1° comma: come prevede la norma, le domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza sono infatti trattate in un unico procedimento. Il “cardinale” principio di [continua ..]


4. (Segue): i meccanismi di coordinamento tra iniziative in cui si esprime l’unitarietà del procedimento

Proseguendo ad esaminare più nel dettaglio le forme in cui si estrinseca il principio di unitarietà del procedimento dettato dall’art. 7, all’interno del medesimo 1° comma si rinviene la prima forma di coordinamento delle diverse iniziative destinate a confluire entro il procedimento unitario: qualora più domande non siano avanzate ab origine entro lo stesso procedimento, le domande sopravvenute devono essere riunite a quella già pendente. Il meccanismo a ciò preposto è appunto la riunione, che consente la realizzazione successiva del simultaneus processus in presenza di più domande che siano state proposte in forma autonoma [23]. Il decreto di recepimento della direttiva è intervenuto anche sulle forme procedimentali da seguire [24]: l’art. 7, 1° comma, nella sua ultima parte prevede infatti che, di fronte alle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza, il procedimento si svolga nelle forme degli artt. 40 e 41. Il rito è dunque, in ogni caso, quello della liquidazione giudiziale, strutturato sulla falsariga della precedente istruttoria fallimentare; con una “prevalenza” delle forme processuali della liquidazione giudiziale che si contrappone alla sua “cedevolezza” rispetto a iniziative diverse, le quali, con i limiti di cui si darà conto, sono destinate prevalere [25]. Le disposizioni contenute nell’art. 7 sono completate dall’art. 40, ai commi 9° e 10°, introdotti dal medesimo decreto di recepimento; con la precisazione che, costituendo una riunione in senso tecnico, per quanto non espressamente previsto dal c.c.i.i. la disciplina dovrà essere integrata con le regole sulla riunione dettate dal codice di procedura civile [26]. In particolare, il 9° comma prevede che, in pendenza di un procedimento di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, se viene proposta separatamente una domanda di apertura della liquidazione giudiziale, il tribunale la riunisce, anche d’ufficio, al procedimento pendente. Nell’ipotesi in cui invece il procedimento pendente sia rivolto all’apertura della liquidazione giudiziale, la domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza che sia stata proposta separatamente viene riunita anche [continua ..]


5. L’unitarietà nella regola di graduazione tra iniziative e in fase di impugnazione

Il carattere strutturalmente organico del procedimento sul quale si innestano gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza si riflette nelle disposizioni volte a coordinare l’eventuale compresenza di più domande, disciplinando in termini sia temporali che di priorità la pluralità di iniziative anche discordanti tra loro. Alla confluenza delle iniziative entro il procedimento unico si accompagna una regola di graduazione tra strumenti diversi, che impone un preciso vincolo nel superamento del contrasto tra domande discordi; la pluralità delle iniziative viene risolta, infatti, dalla priorità riservata agli strumenti di regolazione della crisi diversi dalla liquidazione giudiziale. In caso di iniziative plurime, viene così posto in via legislativa un “ordine” tra le domande [29], in base al principio di prioritario esame di quelle volte a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata (art. 7, 2° comma) [30]. Tale ordine si trova rimarcato dall’art. 49, il cui 1° comma prevede che il tribunale dichiari aperta (con sentenza) la liquidazione giudiziale solo dopo che siano state definite le domande di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insol­venza eventualmente proposte [31]. Ci si potrebbe chiedere se una tale graduazione corrisponda a un ordine di deliberazione sulle questioni, espressivo del principio stabilito dall’art. 276, 2° comma, c.p.c., che prevede di decidere in via gradata le questioni pregiudiziali prima del merito; interrogativo che presupporrebbe però di risolvere, a monte, il rapporto intercorrente tra le domande proposte, sul loro oggetto, e così di valutare se sia possibile individuare una forma di connessione per pregiudizialità [32]. A seguito delle modifiche apportate dal decreto di recepimento della direttiva, nell’art. 7, 2° comma, c.c.i.i. sono state anche opportunamente riorganizzate ed implementate le condizioni volte a circoscrivere la priorità nell’esame della domanda volta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata [33]: la domanda, cioè, deve risultare non manifestamente inammissibile, il piano non manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati, [continua ..]


6. Interazione e flessibilità tra strumenti offerti dal c.c.i.i.

L’unitarietà del procedimento si riflette altresì nel passaggio, talvolta obbligato, tra strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Il principio generale è fissato, di nuovo, dall’art. 7, il cui 3° comma conferma la conversione della procedura in liquidazione giudiziale in tutti i casi in cui la domanda diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi non è accolta ed è accertato lo stato di insolvenza, ipotesi nelle quali il tribunale procede, su istanza dei soggetti legittimati, all’apertura della liquidazione giudiziale; lo stesso avviene quando la domanda è inammissibile o improcedibile, nei casi di revoca o inutile decorso dei termini concessi dal giudice, e, ancora, in ipotesi di revoca del provvedimento di omologazione di un diverso strumento. Agli effetti della revoca della liquidazione giudiziale, dell’omologazione del concordato e degli accordi di ristrutturazione è specificamente dedicato l’art. 53, il cui 5° comma prevede che, in caso di revoca dell’omologazione del concordato o degli accordi di ristrutturazione dei debiti, su domanda di uno dei soggetti legittimati, la Corte d’appello, accertati i relativi presupposti, dichiara aperta la liquidazione giudiziale e rimette gli atti al tribunale. Con il decreto di recepimento della direttiva, alla norma si è aggiunto un comma 5°-bis, che merita particolare attenzione nel­l’esame dell’alternativa tra liquidazione giudiziale e strumenti di regolazione della crisi. La disposizione infatti prevede che, in caso di accoglimento del reclamo proposto contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale, la Corte d’appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante, riconoscendo a quest’ultimo il risarcimento del danno. È rilevante segnalare la disposizione in quanto al creditore che vinca l’op­posizione, qualora la Corte lo ritenga opportuno, e con una discrezionalità valutativa quanto mai ampia, può essere attribuita soltanto una somma di denaro; determinando in tal modo un significativo arretramento della tutela specifica in favore di quella per equivalente [40]. Ma il coordinamento tra strumenti di [continua ..]


7. Lineamenti processuali del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Si devono allora esaminare i lineamenti processuali del nuovo strumento a cui si è a più riprese fatto cenno, ossia il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, al quale il decreto di recepimento della Direttiva ha dedicato il capo I-bis all’interno del titolo IV della parte I del c.c.i.i.; soffermandosi, in particolare, sulle modalità in cui si inserisce nel contesto del procedimento unitario e sul suo coordinamento con le diverse misure a cui può avere accesso il debitore. Condizione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è l’unanimità delle classi nelle quali i creditori siano suddivisi secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei: come specifica l’art. 64-bis, 7° comma, in ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe. Unanimità delle classi – che certamente non corrisponde all’unanimità dei creditori, e che deve essere raggiunta con regole di maggioranza all’interno di ciascuna classe [43] – a fronte della quale dato caratterizzante del nuovo istituto è l’ampia libertà di manovra che viene lasciata al debitore [44]: secondo quanto previsto dall’art. 64-bis, 1° comma, in presenza del consenso unanime delle classi, si consente al debitore di provvedere alla soddisfazione dei crediti distribuendo il ricavato del piano «anche in deroga agli artt. 2740 e 2741 del codice civile e alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione», con la sola salvezza dei crediti privilegiati ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 1, c.c. che devono essere soddisfatti integralmente, entro trenta giorni dall’omolo­gazione. Assicurando – si vedrà in quali forme – la tutela dei creditori dissenzienti [45], si consente così una deroga ai complessivi principi in tema di responsabilità patrimoniale, parità di trattamento e concorso dei creditori altrimenti imposti dal codice civile agli artt. 2740 ss. c.c., e in generale alle regole sul rispetto della graduazione delle prelazioni di cui agli artt. 2777 ss., con la sola (e [continua ..]


8. (Segue): e sua collocazione entro il procedimento unitario: accesso, flessibilità tra strumenti e modifica della domanda

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione si colloca tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza destinati a confluire entro il procedimento unitario. Dalla proposizione della domanda trae origine una sequenza di momenti che passa dalla verifica preliminare del tribunale; per poi condurre alla fase di approvazione, con il deposito della relazione da parte del commissario giudiziale, e l’eventuale annuncio da parte del debitore della volontà di procedere al test di convenienza (che sarà poi compiutamente svolto con l’opposizione); e, infine, alla fase di omologazione, entro la quale si colloca l’opzione riservata al debitore tra la conferma della scelta compiuta con la proposizione della domanda originaria o la sua modifica nelle forme che la disciplina gli consente. Nello specifico, la domanda viene presentata nelle forme dell’art. 40 (art. 64-bis, 1° e 2° comma) [59]. Insieme al ricorso, il debitore deve depositare proposta, piano e documentazione; la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano sono attestati da un professionista indipendente. Alla fase di introduzione segue la verifica preliminare del tribunale, che è caratterizzata da un controllo “ridotto”; come prevede l’art. 64-bis, 4° comma, il tribunale deve infatti soltanto «valuta[re] la mera ritualità della proposta e verifica[re] la correttezza dei criteri di formazione delle classi». C’è da chiedersi se la formula utilizzata dal legislatore rappresenti un’endiadi, e dunque la valutazione della ritualità si risolva in quella di correttezza dei criteri di formazione delle classi [60]; quan­d’anche non si intenda sovrapporre i due aspetti, c’è però da dire che l’esame della ritualità non possa essere inteso più che un controllo puramente formale della proposta [61]. Chiaramente, a tale valutazione dovrà aggiungersi quella di non manifesta inammissibilità e inadeguatezza prevista dall’art. 7 per il caso di concorso con una domanda di liquidazione giudiziale, di cui si è dato conto supra (par. 5). Se il controllo sulla ritualità della proposta ha esito positivo, con lo stesso decreto il tribunale provvede a nominare un giudice delegato al procedimento e un commissario giudiziale, o a confermarlo, se già [continua ..]


9. Alcune riflessioni conclusive sul valore dell’unitarietà processuale e della flessibilità tra gli strumenti

In effetti, dai profili che si sono ripercorsi emerge come la cifra che caratterizza gli assetti processuali del nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza sia quella della flessibilità, in cui si estrinseca la consapevolezza che sia necessario “piegare” gli strumenti offerti dalla disciplina normativa alla funzione di regolazione della crisi e dell’insolvenza a cui sono congenitamente preposti; sicché è essenziale la possibilità di muoversi dall’uno all’altro in termini ampi e il più possibile semplificati [74]. Tale esigenza trova sfogo innanzitutto nel procedimento unitario, che, raccogliendo le diverse istanze di regolazione della crisi e della insolvenza, ne consente il più efficace coordinamento all’insegna del “principio cardinale” di unitarietà. Ma anche i meccanismi di interazione tra i diversi strumenti si collocano nella stessa direzione. La continuità tra gli strumenti risulta anzi, ampliata; come si è dato conto, nella versione finale del c.c.i.i., a seguito del decreto di recepimento, il coordinamento coinvolge anche il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, che si interseca alle procedure tradizionali all’insegna della più ampia interscambiabilità, consentendo al debitore sia di passare da piano di ristrutturazione a concordato, sia la scelta inversa, dal concordato al piano. La flessibilità si estende anche al di là degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza in senso stretto, coinvolgendo pure la composizione negoziata, la quale si caratterizza come “percorso” [75], che può condurre (anche) al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione; quest’ultimo può infatti rappresentare l’esito delle trattative di composizione negoziata [76]. Allo stesso tempo, se la “pendenza” del percorso di composizione negoziata rappresenta una causa di provvisorio “congelamento” della eventuale procedura liquidativa, salvo valutare se si tratti di una ipotesi di improcedibilità in senso proprio o di una sospensione [77], parallelamente, si rinviene una fisiologica continuità tra strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza da un lato, e composizione negoziata dall’altro; e infatti, tra gli sbocchi a cui la composizione può condurre, [continua ..]


NOTE