Lo scritto riguarda l’applicazione dell’imposta di registro alle sentenze di condanna degli amministratori a seguito di azioni di responsabilità promosse dal curatore fallimentare. Ciò con particolare riguardo all’art. 59 d.P.R. n. 131/1986, secondo cui si registrano a debito le sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato. Il tema ha grande rilievo pratico, considerando che la somma oggetto di condanna può essere molto alta, con la conseguenza che pure l’imposta di registro, dovuta in misura proporzionale, risulterà molto elevata, mettendo eventualmente in difficoltà il curatore.
The paper concerns the application of the registration tax to the convictions of the directors following judgments of liability brought by the bankruptcy trustee. This with particular regard to article 59 Presidential Decree n. 131/1986, according to which the sentences that condemn the compensation of the damage produced by facts constituting a crime are registered without payment. The issue has great practical relevance, considering that the sum subject to condemnation can be very high, with the consequence that even the registration tax, due on a proportional basis, will also be very high, putting the bankruptcy trustee in difficulty.
Keywords: Bankruptcy – Liability of directors – Crimes – Sentence – Registration tax.
1. Premessa - 2. Imposta di registro e fatti costituenti reato - 3. Imposta di registro e fallimento ammesso al patrocinio a spese dello Stato - NOTE
La pronuncia della Cassazione si occupa di un argomento trascurato dalle riviste giuridiche ma di grande rilievo pratico, soprattutto sotto il profilo economico. Come è noto, a seguito del ridimensionamento normativo dell’azione revocatoria fallimentare, ora trasfusa nel Codice della Crisi, per incrementare l’attivo concorsuale le curatele promuovono spesso azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci della società fallita. Si tratta di giudizi in cui frequentemente viene chiesto un risarcimento di importo alto. Basti pensare ai numerosi casi, ora disciplinati dall’art. 2486, 3° comma, c.c., in cui si imputa agli organi sociali un danno pari alla differenza tra attivo e passivo fallimentare, o pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data di apertura della procedura concorsuale e il patrimonio netto alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento della società. Come è intuibile, un danno del genere può ammontare a svariati milioni di euro e, se la sentenza accoglie le domande del fallimento, la relativa imposta di registro sarà particolarmente ingente, dato che in base al d.P.R. n. 131/1986 [1] corrisponde al 3% dell’importo oggetto di condanna [2]. Così, se gli organi sociali fossero condannati a pagare la somma di dieci milioni di euro, il tributo ammonterebbe a ben trecentomila euro. In proposito va ricordato che ai sensi dell’art. 57, d.P.R. n. 131/1986 l’imposta di registro grava in solido sulle parti in causa, così che, almeno in prima battuta, il curatore è tenuto al suo pagamento al pari della controparte soccombente. Pertanto è evidente che l’organo fallimentare rischia di dover pagare un tributo molto alto, senza poi riuscire ad ottenerne il rimborso laddove in fase esecutiva (come spesso accade) il patrimonio degli amministratori soccombenti risulti modesto o inesistente.
Nel caso in esame era stato emesso un avviso di liquidazione dell’imposta di registro e irrogazione delle sanzioni a fronte di una sentenza con cui il Tribunale di Forlì aveva accolto l’azione di responsabilità per mala gestio e di risarcimento danni promossa dal curatore nei confronti di amministratori e sindaci della società fallita [3]. Nel contenzioso che ne è seguito l’Agenzia delle Entrate aveva infine proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva ritenuto sussistenti i presupposti per la registrazione a debito della sentenza di condanna. Come ricorda la pronuncia che si annota, a determinate condizioni la parte in causa può invocare questo genere di registrazione. L’art. 59 lett. d), d.P.R. n. 131/1986 stabilisce infatti che “si registrano a debito, cioè senza contemporaneo pagamento delle imposte dovute…le sentenze e gli altri atti degli organi giurisdizionali che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato” [4]. In tal caso, nota la Cassazione, gli uffici tributari applicano l’art. 60, d.P.R. n. 131/1986 [5] ed effettuano il recupero dell’imposta prenotata soltanto nei confronti delle parti obbligate al risarcimento, senza che operi il principio di solidarietà di cui al citato art. 57. La Suprema Corte delinea l’ambito applicativo del suddetto art. 59, lett. d), precisando che: – esso si riferisce sia alle sentenze penali sia alle sentenze civili [6]; – il giudice civile può accertare incidenter tantum la sussistenza del reato [7]; – sono compresi tutti i fatti che possono astrattamente configurare ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze siano pronunciate solo a seguito di un giudizio penale o che si tratti di fattispecie che abbiano dato origine a un procedimento penale [8]; – non rileva la circostanza per cui, in relazione ai fatti accertati dal giudice civile, alcuni dei convenuti siano stati condannati al risarcimento ed altri no [9]. L’impostazione è in linea con altre decisioni rese in ambiti diversi da quello tributario, nelle quali la Cassazione ha statuito che, in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile investito della domanda di risarcimento del danno da reato deve procedere ad un autonomo [continua ..]
Nel processo in cui è parte un fallimento, se il decreto del giudice delegato attesta che non è disponibile il denaro necessario per le spese, il fallimento si considera ammesso al patrocinio a spese dello Stato (art. 144, d.P.R. n. 115/2002). Laddove il curatore non disponga di fondi, può dunque promuovere l’azione di responsabilità sfruttando i benefici di questa ammissione [18]. L’art. 146, 2° comma, d.P.R. n. 115/2002 specifica che l’imposta di registro riguardante “gli atti relativi alla procedura fallimentare” rientra tra le spese prenotate a debito. Per il nostro discorso rileva però l’art. 131, 2° comma lett. d), del medesimo d.P.R., secondo cui è prenotata a debito l’imposta di registro relativa alle sentenze dei processi civili nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato e le persone o gli enti morali ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Sulla stessa linea l’art. 59, lett. a), d.P.R. n. 131/1986 stabilisce che si registrano a debito le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato e le persone o gli enti morali ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Dunque, se la procedura fallimentare è ammessa al c.d. gratuito patrocinio, non rischia che venga posta a suo carico l’imposta di registro della sentenza, così come non sono poste a suo carico le spese processuali, ad esempio quelle della consulenza tecnica [19] che viene spesso disposta nei giudizi di responsabilità per mala gestio. Occorre nondimeno tener conto del fatto che la “prenotazione a debito” è l’iscrizione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero (art. 3 lett. s), d.P.R. n. 115/2002). In caso di fallimento ammesso al patrocinio a spese dello Stato, le spese prenotate a debito o anticipate sono recuperate, appena vi sono disponibilità liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo e il giudice delegato assicura il tempestivo recupero (art. 146, 4° e 5° comma, d.P.R. n. 115/2002) [20]. Ciò significa che la registrazione a debito non comporta la chiusura della questione del pagamento dell’imposta: la sua riscossione è rinviata ad un momento [continua ..]