Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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In tema di revoca del finanziamento pubblico garantito da SACE S.p.a., disciplina generale del concorso e tutela del ceto creditorio (di Francesca Attanasio, Ricercatrice di Diritto commerciale nel Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Salerno)


Il lavoro ha ad oggetto la garanzia SACE che costituisce una delle principali misure messe a punto dal legislatore con il Decreto Liquidità per contrastare la crisi economica scaturita dal­l’attuale emergenza sanitaria e per favorire le banche che erogano finanziamenti a favore delle grandi imprese danneggiate dal Covid-19. Si è colta così l’occasione per riflettere sulla qualificazione del contratto che intercorre tra SACE ed il soggetto finanziatore come contratto autonomo di garanzia e per riesaminare criticamente la questione della natura privilegiata del credito SACE, rispetto alla posizione attualmente assunta dalla giurisprudenza di legittimità.

Revocation of public funding guaranteed by SACE S.p.a., general discipline of participation in the event of bankruptcy and protection of creditors

The work relates to the SACE guarantee which is one of the main measures developed by the legislator with the Decree Liquidity to counter the economic crisis resulting from the current health emergency and to favor banks that provide loans to large companies damaged by Covid-19. Has offered the opportunity to reflect on the qualification of the contract between SACE and the lender as an independent guarantee contract and also to critically review the question of the privileged nature of the SACE credit, with respect to the position currently taken by the jurisprudence of legitimacy.

MASSIMA: In tema di finanziamenti pubblici alle imprese, coperti da garanzia SACE, la revoca del beneficio relativo alla concessione di sovvenzioni e contributi pubblici, in dipendenza del venir meno dei requisiti oggettivi o soggettivi cui la legge subordina il riconoscimento, comporta l’insorgenza di un’autonoma obbligazione ex lege della beneficiaria verso il garante, obbligazione che, trovando la propria autonoma fonte nel sopravvenuto difetto della causa giustificatrice del beneficio, postula l’inapplicabilità delle norme sulla fideiussione ordinaria, degli istituti della surroga e del regresso, nonché, infine, della disciplina di cui agli artt. 61 e 62 L. Fall. Ne consegue che, in caso di fallimento della beneficiaria, l’ente concedente può insinuare il proprio credito al passivo, anche nel caso in cui il pagamento, effettuato dopo l’apertura della procedura concorsuale, non sia risultato interamente satisfattorio per l’istituto di credito, il quale abbia a sua volta chiesto e ottenuto l’ammissione al passivo. PROVVEDIMENTO: (Omissis). 1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1 e 9, commi quarto e quinto, del d.lgs. n. 123 del 1998, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha escluso che la revoca del beneficio determini il sorgere di un’obbligazione ex lege nei confronti del beneficiario, ed ha ritenuto pertanto ammissibili la surroga e il regresso. Sostiene infatti che il credito azionato è diverso da quello già ammesso al passivo, trovando la propria fonte non già nel contratto di mutuo e nell’obbligazione di garanzia, ma nella revoca del beneficio, essendo vantato direttamente nei confronti della società fallita ed avendo natura privilegiata. Aggiunge che la revoca comporta il venir meno della surroga nei diritti della banca, provocando l’annullamento dell’intera operazione, con effetto retroattivo, con il conseguente venir meno del credito ammesso al passivo e la necessità di procedere alla cancellazione della relativa posta, al fine di evitare una duplicazione del passivo. Afferma inoltre l’irrilevanza del mancato richiamo del d.lgs. n. 123 del 1998 da parte del contratto di mutuo e dell’atto di concessione della garanzia, ponendo in risalto il nesso esistente tra il finanziamento pubblico e l’attività produttiva del beneficiario, ed insistendo pertanto sull’applicabilità della disciplina in materia di intervento di sostegno pubblico alle imprese. 2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 61 e 62 della legge fall., censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto applicabili tali disposizioni, senza considerare che il credito azionato non sorge da un atto del fallito successivo alla dichiarazione di fallimento, ma da un provvedimento amministrativo che attribuisce [continua..]
SOMMARIO:

1. Sul fatto - 2. Quadro normativo di riferimento - 3. Sul termine finanziamenti e sulla qualificazione della garanzia SACE come garanzia autonoma - 4. Sul presupposto dell’ente concedente di insinuarsi al passivo in caso di fallimento del beneficiario - 5. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Sul fatto

La sentenza che si annota affronta molteplici profili problematici. Preliminarmente, essa si occupa del tema, oggetto di vivaci contrasti tra giudici di legittimità e di merito, della natura privilegiata o chirografaria dei crediti originati dalla revoca degli interventi di sostegno pubblico alle attività produttive, regolati dal D.Lgs. n. 123 del 31 marzo 1998. La problematica presa in esame pone delicati problemi interpretativi di coordinamento con i principi fondanti della Carta Costituzionale, laddove deroga alla disciplina generale del concorso tra i creditori [1]. Si pone, difatti, il problema di come conciliare l’esigenza di tutela del soggetto erogatore della garanzia con l’esigenza più generale di protezione dell’intero ceto creditorio; problematica resa ancora più complessa e attuale dalla pandemia di coronavirus, che ha reso necessario applicare una legislazione emergenziale per far fronte alla carenza di liquidità. Il privilegio rappresenta, difatti, un’eccezione al principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione, pertanto, esso si giustifica solo a condizione di rispondere ad un interesse costituzionalmente protetto [2]. Ma il profilo più interessante e nuovo della sentenza in commento è rappresentato dal riconoscimento alla SACE, nell’ipotesi di revoca del finanziamento pubblico già concesso ad un’impresa poi fallita, della facoltà di insinuarsi al passivo anche in caso di non integrale soddisfazione della banca finanziatrice, la quale abbia, a sua volta, chiesto ed ottenuto l’ammissione al passivo. Ciò, in quanto si tratta di recuperare il sacrificio patrimoniale che l’operatore pubblico ha sopportato, in concreto, in funzione dello sviluppo delle attività produttive, anche al fine di procurare la provvista in vista dello svolgimento di ulteriori interventi di sostegno. Venendo, più nel dettaglio, al caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, la SACE aveva rilasciato in favore di un istituto bancario, una garanzia in relazione ad un finanziamento rivolto a scopi d’internazionalizzazione della società finanziata. Il Tribunale di Bologna aveva rigettato l’azione proposta dalla SACE S.p.A. avverso lo stato passivo del fallimento della società a responsabilità limitata, avente ad oggetto l’insinuazione tardiva di un credito, [continua ..]


2. Quadro normativo di riferimento

Il quadro normativo di riferimento appare abbastanza complesso, in quanto le misure di sostegno economico anti-crisi, già esistenti, sono state adattate alle mutate esigenze economiche, per contrastare la crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria e per favorire le banche che erogano finanziamenti a favore delle grandi imprese danneggiate dal Covid-19. Innanzitutto, abbiamo il Fondo di garanzia per le PMI [3] che fu istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi dell’art. 2, 100° comma, lett. a), L. 23 dicembre 1996, n. 662 (recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”), al fine di consentire alle imprese sprovviste di sufficienti ed idonee garanzie un accesso agevolato al credito. Esso è attualmente gestito per conto del MISE da un raggruppamento di istituti di credito, di cui è mandataria la Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. È rivolto alle imprese di piccole e medie dimensioni, ma, accanto ad esso, operano altre forme di garanzia offerte, ad esempio, dalla società SACE e dalla Cassa Depositi e Prestiti, che si rivolgono alle grandi imprese e agli enti pubblici. Per quanto riguarda, in particolare, la garanzia SACE oggetto del presente contributo, va segnalato che l’emergenza pandemica da Covid-19 [4] ha reso necessario un intervento legislativo al fine di superare la carenza di liquidità delle imprese con sede in Italia. Il governo ha, difatti, adottato interventi di sostegno finanziario attraverso la concessione di prestiti, a condizioni vantaggiose, in favore delle imprese che abbiano i requisiti di cui al D.Lgs. n. 23 dell’8 aprile 2020 (c.d. Decreto “Liquidità”), come convertito in legge e modificato dalla L. 30 dicembre 2020, n. 178 e modificato dal D.L. 25 maggio 2021, n. 73 (il “D.L. Sostegni bis”) e da ultimo dalla L. 30 dicembre 2021, n. 234, al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia colpite dall’epidemia Covid-19, diverse dalle banche e altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito, ha previsto la possibilità per SACE S.p.A. di concedere garanzie fino al 30 giugno 2022, in conformità alla normativa europea in tema di aiuti di Stato, in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per [continua ..]


3. Sul termine finanziamenti e sulla qualificazione della garanzia SACE come garanzia autonoma

Altro aspetto da considerare è quello relativo alla qualificazione del credito spettante alla SACE a seguito dell’escussione della garanzia da parte dei soggetti finanziatori [6]. In mancanza di una nozione legislativa del termine “finanziamenti” [7] impiegato dal 5° comma dell’art. 9, D.Lgs. n. 123/1998 [8], sia i giudici di legittimità che quelli di merito si sono interrogati sull’ampiezza semantica del termine, al fine di comprendere se in esso si possano far rientrare anche le prestazioni di garanzia. Sul punto, la giurisprudenza di merito si è divisa, anche se l’orientamento maggioritario [9] si è mostrato contrario al riconoscimento del privilegio al credito da restituzione spettante al Fondo nei confronti dell’impresa beneficiaria del finanziamento, dopo l’escussione da parte della banca mutuante a seguito dell’inadempi­mento della mutuataria. Ostativa alla estensione del privilegio alla concessione di garanzia sarebbe la circostanza che, nella prestazione di garanzia, non vi sarebbe una erogazione diretta di danaro. Questa interpretazione restrittiva è stata abbandonata a fronte di un’altra, formulata dalla giurisprudenza di legittimità, che declina in un’accezione più ampia la nozione di “finanziamento” [10]. La Cassazione ha, difatti, ricostruito la portata del termine “finanziamenti” e ha ritenuto che ad esso sono riconducibili, insieme ad operazioni di mutuo e di erogazione diretta di denaro, anche attività di rilascio di garanzie e di impegni di firma (art. 1, 2° comma, lett. f) e 47 TUB), strutture negoziali di stampo partecipativo e operazioni di finanza strutturata (art. 2447-decies c.c.), operazioni di acquisto di crediti a titolo oneroso, di apertura di credito documentaria, di avallo e di girata (art. 106 TUB). Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 3 del 24 gennaio 2015, convertito dalla L. n. 33 del 24 marzo 2015, (recante “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”), è stato riconosciuto all’art. 8-bis il privilegio a tutti i crediti restitutori sia del beneficiario finale che dei terzi prestatori di garanzie. Siffatto privilegio prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del [continua ..]


4. Sul presupposto dell’ente concedente di insinuarsi al passivo in caso di fallimento del beneficiario

Il presupposto del diritto dello Stato alle restituzioni di cui all’art. 9, 4° comma, del D.Lgs. n. 123/1998, “Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese”, garantito dal privilegio di cui al 5° comma (preferenza rispetto ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del codice civile, fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi), è che si tratti appunto di interventi erogati in forza del medesimo decreto legislativo e deve considerarsi unico, e, pertanto, da riconoscersi, non solo in caso di irregolare ammissione del beneficiario all’intervento pubblico o, comunque, d’indebito conseguimento del contributo da parte di questi, ma anche in caso di successiva revoca del finanziamento concessogli, derivante da ragioni o fatti di qualunque tipo allo stesso addebitabili, in particolare da inadempimento [32] dell’obbligo restitutorio cui era tenuto, che si siano verificati nella fase negoziale, di natura privatistica, che fa seguito alla fase amministrativa di selezione dei beneficiari e di erogazione del contributo. Detta estensione si deve, infatti, considerare in linea con le finalità proprie dei finanziamenti e con le necessarie garanzie che lo Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito, anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione, al fine di realizzare l’interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse già messe a disposizione delle imprese per scopi frustrati dall’inadempienza delle medesime agli obblighi assunti. Pertanto, «l’intervento di sostegno a mezzo di garanzia personale sembra proporre, per qualità, una tipologia di rischio imprenditoriale non diversa da quella propriamente portata dalla concessione dei mutui o comunque delle erogazioni dirette di somme all’impresa beneficiaria della protezione accordata dalla legge, con obbligo di restituzione delle somme medesime. Non propone differenze di rilevante sostanza la diversa conformazione strutturale delle due fattispecie, posto che l’assunzione di un impegno diretto da parte del garante nei confronti del terzo viene a determinare una posizione di rischio omologa a quello della consegna diretta delle somme nelle mani del mutuatario» [33]. La [continua ..]


5. Osservazioni conclusive

In conclusione, appare opportuno fare alcune considerazioni sulle soluzioni a cui è giunta la pronuncia in commento. Se, da un lato, essa appare perfettamente in linea con gli interessi economici e di reinvestimento dello Stato, al fine di salvaguardare la finanza pubblica dal mancato recupero delle risorse destinate al sostegno delle attività produttive, dall’altro, non possono non sottolinearsi alcune criticità derivanti dal non puntuale coordinamento della disciplina del privilegio di cui all’art. 9, 5° comma, del D.Lgs. n. 123/1998, con la disciplina concorsuale [35]. In particolare ci si riferisce al principio, fissato nell’art. 61 L. Fall., 1° comma, (art. 160 c.c.i.) ove viene sancita, da un lato, la sostanziale insensibilità endofallimentare del credito solidale ammesso al concorso che riceva pagamenti parziali da condebitori dopo la dichiarazione di fallimento e, dall’altro, 2° comma, la piena facoltà di esercizio del regresso del coobbligato, a condizione tuttavia che il creditore sia stato integralmente soddisfatto per l’intero credito; nonché alla disposizione contenuta nell’art. 62 L. Fall. (art. 161 c.c.i.), secondo la quale il coobbligato del fallito escusso prima del fallimento può concorrere nella procedura per la somma pagata, ma il creditore ha diritto di farsi assegnare le quote di riparto spettanti al coobbligato. La norma dispone, quindi, come il regresso possa essere esercitato solo a condizione che il creditore garantito sia stato preliminarmente soddisfatto per l’intero credito. La ratio del legislatore fallimentare è evidentemente rivolta a conseguire il rafforzamento della condizione del creditore di più coobbligati in solido. La sentenza esclude, nel caso de quo, l’applicabilità delle norme concorsuali sulle obbligazioni solidali. Nell’ipotesi d’intervento di garanzia che non copra l’intera misura del diritto del creditore garantito, la previsione dell’art. 9, in ordine alla sussistenza del privilegio, viene, secondo la Corte, a prevalere anche sulla peculiare disciplina dettata nella L. Fall., all’art. 61. Secondo la Corte, il credito SACE nasce privilegiato sin dall’origine [36]; non è dato comprendere, però, come possa essere un medesimo credito chirografario per la banca e privilegiato per la SACE. Se la banca non escute la [continua ..]


NOTE