Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Catch me if you can. Il forum shopping nei casi di insolvenza transfron-taliera


Con i provvedimenti annotati, le Sezioni Unite affrontano la tematica del forum shopping nell’insolvenza transfrontaliera e della superabilità della presunzione ex art. 3 del Regolamento (UE) n. 848/2015, riconoscendo in capo alle società insolventi l’onere di dimostrare, con prova piena articolata su elementi sostanziali, l’effettività del trasferimento all’estero della sede legale (e quindi del center of main interest, c.d. COMI). La nota di commento fornisce una disamina dei principali orientamenti sul riparto dell’onere probatorio tra creditore e debitore, soffermandosi altresì sui presupposti applicativi e sui limiti all’esercizio dei poteri officiosi del Giudice.

Parole chiave: insolvenza transfrontaliera – forum shopping – COMI – prova contraria.

Catch me if you can. forum shopping and cross-border insolvency

With the decisions here in comment, the Supreme Court deals with the issue of forum shopping in cross-border insolvency cases and the rebuttal of the presumption stated in the article 3 of Regulation 2015/848/EU, by recognizing on the insolvent company the burden of a full and complete proof that the company’s legal seat (and then the center of main interest) has been effectively transferred in another State. The comment focuses on the main orientations on the burden of proof between creditor and debtor. At the end, a brief overview is dedicated to the Court’s investigation powers and their field of application.

Keywords: cross-border insolvency – forum shopping – COMI – rebuttal.

MASSIMA(1) In tema di istanza di fallimento nei confronti di una società che abbia trasferito all’estero la propria sede, l’art. 3, par. 1, del Reg. (CE) n. 1346 del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, applicabile “ratione temporis”, conformemente a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE – ordinanza 24 maggio 2016, causa C-353/15 – dev’essere interpretato nel senso che, qualora la sede statutaria di una società sia stata trasferita da uno Stato membro ad un altro Stato membro, il giudice, investito successivamente a detto trasferimento di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza nello Stato membro di origine, può superare la presunzione di coincidenza del centro degli interessi principali (cd. COMI) con la nuova sede statutaria posta in altro Stato, benché in quello di origine la stessa non abbia mantenuto alcuna dipendenza, solo se da una valutazione globale di altri elementi obiettivi e riconoscibili dai terzi, si evinca che il centro effettivo di direzione e di controllo di detta società, nonché la gestione dei suoi interessi, continua a trovarsi in tale Stato a tale data (Massima ufficiale). MASSIMA(2) In tema di insolvenza transfrontaliera, in base al Reg. UE n. 848 del 2015 la competenza a dichiarare l’insolvenza si radica in capo al giudice dello Stato membro in cui si trova il centro degli interessi principali dell’impresa, c.d. “COMI” (centre of main interests), venendo in rilievo, fino a prova contraria, la presunzione di coincidenza di quest’ultimo con la sede legale, qualora non sia stata trasferita in altro Paese dell’Unione nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura di insolvenza (Massima ufficiale). PROVVEDIMENTO(1): SVOLGIMENTO DEL PROCESSO § 1. I principali fatti di causa ed i fondamentali elementi della questione devoluta a queste Sezioni Unite possono così riassumersi: – il 10 giugno 2013 il Tribunale di Bari dichiarava, su istanze presentate da vari creditori a partire dal 19 novembre 2012, il fallimento della Leonmobili srl (avente ad oggetto il commercio all’ingrosso ed al dettaglio di mobili ed arredi) in persona del legale rappresentante Gennaro Leone; – l’11 febbraio 2014 la Corte di Appello di Bari, adita in sede di reclamo ex art. 18 l.fall., sospendeva il giudizio fin visto l’esito del regolamento preventivo di giurisdizione già proposto ex art. 41 cod. proc. civ. dalla Leonmobili srl, la quale assumeva la carenza di giurisdizione del giudice italiano, avendo l’assemblea dei soci trasferito la sede sociale in Sofia (Bulgaria) con delibera del 18 luglio 2012, seguita dalla cancellazione della società dal registro delle imprese italiano in data 12 settembre 2012 (nulla di operativo residuando in Italia); – il 16 maggio 2014 veniva depositata l’ordinanza n. 10823 [continua..]
SOMMARIO:

1. I casi - 2. Panoramica sulla normativa comunitaria e nazionale applicabile - 3. Funzione e finalità della presunzione ex art. 3 Reg. (UE) n. 848/2015 - 4. Insolvenza e forum shopping: qualche riflessione sullo stato dell’arte - NOTE


1. I casi

Le due pronunce in commento affrontano il tema dell’insolvenza transfrontaliera. In particolare, la Suprema Corte si è soffermata sugli aspetti essenziali della localizzazione del “center of main interest” o c.d. “COMI” (centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa) delle società insolventi e della prova del suo trasferimento all’estero, offrendo importanti spunti di riflessione sulla ratio e sulla funzione della presunzione ex art. 3 Reg. (CE) n. 1346/2000 (ora Reg. (UE) n. 848/2015). Con la sentenza n. 10860/2022, la Corte di Cassazione ha definito il noto caso “Leonmobili”. Il Tribunale di Bari dichiarava il fallimento della Leonmobili s.r.l. in persona del legale rappresentante e amministratore unico, Gennaro Leone. La società proponeva reclamo ex art. 18 L. Fall. La Corte d’Appello di Bari, alla luce del regolamento preventivo di giurisdizione proposto nella prima fase del giudizio ex art. 41 c.p.c. dalla società, sospendeva il giudizio in attesa della pronuncia della Suprema Corte. Leonmobili, infatti, lamentava la carenza di giurisdizione del giudice italiano, posto che l’assemblea – in concreto il Sig. Leone, essendo socio unico – aveva deliberato il trasferimento della sede sociale a Sofia (Bulgaria). L’iter di trasferimento si concludeva con la cancellazione della società dal registro delle imprese italiano, avvenuta circa tre mesi dopo la delibera assembleare. La Suprema Corte definiva la questione confermando la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, dal momento che il COMI di Leonmobili non si era mai effettivamente radicato in Bulgaria. Tuttavia, la Corte d’Appello, dubitando della correttezza di quanto così statuito dalle Sezioni Unite nella ordinanza regolatrice, rimetteva pregiudizialmente alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Corte Giust. UE) la questione sull’esatta interpretazione dell’art. 3 Reg. (CE) n. 1346/2000, in particolare sull’operatività della presunzione sulla coincidenza tra la sede legale della società e il suo COMI. La Corte di Giustizia ne definiva, quindi, i limiti operativi, indicando altresì gli elementi in base ai quali la presunzione può essere superata. Nonostante il principio espresso dalla Corte Giust. UE – che sostanzialmente confermava la giurisdizione del [continua ..]


2. Panoramica sulla normativa comunitaria e nazionale applicabile

La fattispecie dell’insolvenza transfrontaliera interessa le società operanti a cavallo di due o più Stati. A livello europeo il concetto di insolvenza non è univoco: ci sono Stati che vi ascrivono un significato più “forte” ed altri che adottano una definizione più “leggera” o, per meglio dire, “dinamica” [1]. Proprio alla luce di tale eterogeneità di approcci, il legislatore europeo è intervenuto dapprima con il Reg. (CE) 1346/2000, e poi, a seguito di alcune pronunce della Corte Giust. UE [2], con il Reg. (UE) 848/2015, per delineare un quadro normativo unitario e dirimere così possibili conflitti di giurisdizione tra ordinamenti nell’apertura dei procedimenti d’insol­venza, nonché contrastare il fenomeno del c.d. forum shopping [3]. La normativa europea si raccorda, poi, con quella degli ordinamenti nazionali; in particolare, per quanto concerne il nostro ordinamento, le disposizioni di riferimento erano contenute negli artt. 9, 9-bis e 9-ter L. Fall. (applicabili ratione temporis ai casi in esame, ora artt. 27-32 cod. crisi), che definiscono i princìpi in materia di competenza. Fatta questa necessaria premessa, il cuore della problematica risiede nella definizione di centro degli interessi principali (ovvero center of main interest, c.d. COMI) [4], nonché dei criteri adottati dalle autorità giudicanti per valutare un suo effettivo spostamento, dal quale consegue un mutamento della giurisdizione degli Stati membri a prendere cognizione dei procedimenti d’insolvenza, primari e secondari [5]. Il primo riferimento normativo al COMI risale al Model Law on Cross-border insolvency adottato dall’UNCITRAL nel 1997. Ai sensi dell’art. 16, par. 3, il center of main interest di una società soggetta ad una procedura d’insolvenza si presume essere localizzato nel luogo in cui è situata la sua sede legale. Con il successivo Regolamento (CE) n. 1346/2000, sono emerse notevoli difficoltà interpretative nonostante una definizione formale di centro degli interessi principali [6]. Ad oggi, attraverso le preziose integrazioni della giurisprudenza della Corte Giust. UE [7], il Regolamento (UE) n. 848/2015, superando taluni dubbi interpretativi lasciati aperti dal precedente Regolamento (CE) n. 1346/2000, ha compiutamente definito il concetto di COMI, [continua ..]


3. Funzione e finalità della presunzione ex art. 3 Reg. (UE) n. 848/2015

L’art. 3 Reg. (UE) n. 848/2015 prevede che «per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale. Tale presunzione si applica solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza». Tale disposizione, da un punto di vista processuale, definisce un criterio unitario e univoco per l’indi­viduazione dello Stato membro cui spetta la giurisdizione per i procedimenti primari. Tuttavia, il suddetto articolo ha comunque suscitato incertezze in merito all’one­re probatorio relativo alla prova contraria da fornire per superare la presunzione prevista dalla norma in esame. Più in particolare, sono sorti dubbi sul soggetto su cui tale onere probatorio dovrà gravare. Preliminarmente, giova ricordare che la necessità di regolamentare con maggiore rigidità il fenomeno del forum shopping è collegata all’esigenza di evitare che una società, che versi in una situazione d’insolvenza [8], possa scientemente optare di trasferire la propria sede (e quindi il COMI) in uno Stato la cui legislazione risulti più “flessibile” in materia fallimentare [9]. Ciò al precipuo scopo di evitare le conseguenze del proprio stato di insolvenza e proteggere il proprio patrimonio a vantaggio dei soci, arrecando così inevitabilmente un pregiudizio ai creditori. In tale prospettiva, il legislatore europeo, ben consapevole dei rischi che tale fenomeno può comportare, ha limitato l’operatività della presunzione, precisando come questa si applichi «solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza». In altre parole, la presunzione opera esclusivamente nei casi in cui il trasferimento della sede legale della società debitrice si è perfezionato almeno quattro mesi prima dell’apertura della procedura d’insolvenza (c.d. reference date), salvo prova contraria [10]. Quest’ultima, secondo la dottrina, deve consistere in una prova piena, basata su elementi certi, precisi ed univoci [11]. Tale impostazione è stata condivisa sia dalla [continua ..]


4. Insolvenza e forum shopping: qualche riflessione sullo stato dell’arte

L’orientamento che emerge dalle pronunce della Suprema Corte è conforme a quello della giurisprudenza maggioritaria, secondo cui il creditore può superare la presunzione facendo ricorso a indizi – gravi, precisi e concordanti – senza dover fornire prova piena e diretta del fatto che il COMI della società debitrice non sia localizzato all’estero. In entrambi i casi portati all’attenzione della Corte di Cassazione, infatti, gli elementi probatori addotti dal debitore, in quanto mere allegazioni formali e non già sostanziali a sostegno dell’effettiva localizzazione del COMI al­l’estero, sono stati ritenuti insufficienti. Dalle suddette pronunce, quindi, non emerge una soluzione innovativa; al contrario, il giudice di legittimità si è limitato a ribadire principi di diritto già precedentemente espressi, restando con ciò irrisolti i dubbi relativi alla qualificazione giuridica del regime probatorio a carico del debitore [18] e all’eccessivo squilibrio della ripartizione dell’onere tra le parti. In tale prospettiva, si potrebbe suggerire un diverso approccio che, in un’ottica di maggiore flessibilizzazione, ripartisca l’onere probatorio tra creditore e debitore a seconda degli elementi, obiettivi e riconoscibili dai terzi, attraverso i quali è possibile dimostrare l’effettività ovvero la fittizietà del trasferimento all’estero della società: da un lato, l’onere del creditore è tanto più esteso, puntuale e sostanziale quanto più un complesso di elementi non già formali, ma obiettivamente economici, consentono ad un terzo di verificare l’esistenza del COMI nello Stato membro di destinazione; dall’altro lato, l’onere del debitore di fornire concreta prova dell’esi­stenza di un’utilità economica effettiva all’estero si estende tanto di più quanto l’effettività del trasferimento del COMI all’estero sia desunta principalmente da elementi formali (ad es. la cancellazione della società dal registro delle imprese dello Stato membro d’origine). In particolare, il creditore dovrà provare (con prova piena e diretta) che il COMI è situato nello Stato d’origine in cui si intende avviare la procedura d’insolvenza, mentre dovrà semplicemente allegare [continua ..]


NOTE