Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell´azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti (di Riccardo Russo, Ricercatore in Diritto commerciale nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino)


Il contributo esamina, nella prima sezione, i tratti principali della composizione negoziata della crisi d’impresa, soffermandosi in particolare sulle novità apportate dal D.Lgs. n. 83/2022 al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, entrato in vigore il 15 luglio 2022; nella seconda sezione, l’attenzione si focalizza sulle peculiari modalità del trasferimento dell’azienda nella cornice del nuovo istituto, andando alla ricerca di possibili punti di contatto e di profili di distinzione tra la composizione negoziata e le tradizionali procedure concorsuali.

The two-faced janus of the negotiated crisis resolution: business transfer between new legislation and unsolved issues

The paper examines, in the first section, the main characteristics of the negotiated crisis resolution, focusing in particular on the changes made by Legislative Decree No. 83/2022 to the Italian Crisis and Insolvency Code, which came into force on July 15, 2022; in the second section, the focus is on the peculiar modalities of business transfer in the framework of the new institution, and especially on the search of possible points of contact and distinction between the negotiated crisis resolution and the traditional insolvency proceedings.

SOMMARIO:

1. Premessa - SEZIONE PRIMA. – 2. L’architettura leggera della composizione negoziata - 3. Brevi cenni ai presupposti della composizione negoziata - 4. Un primo intermezzo comparatistico: «squilibrio finanziario ed economico-patrimoniale», «Drohende Zahlungsunfähigkeit» e «insolvencia inminente» - 5. I due grandi assenti all’avvio della composizione negoziata - 6. Un secondo intermezzo comparatistico: aspetti di originalità della figura del Président du Tribunal de commerce - SEZIONE SECONDA. – 7. Il trasferimento d’azienda e i due volti di Giano - 8. L’inserimento del trasferimento d’azienda in un contesto normativo speciale: le ragioni della scelta del codice della crisi d’impresa e del­l’insolvenza - 9. Il decreto di autorizzazione del Giudice può prevedere un piano di riparto delle somme ricavate dal trasferimento? - 10. La selezione del cessionario tra contraddittorio con le parti interessate e principio di competitività - 11. Il favor del Codice per il cessionario: l’esonero di responsabilità per i debiti aziendali annotati nei libri contabili obbligatori - 12. Una proposta conclusiva: la composizione negoziata come procedura paraconcorsuale - NOTE


1. Premessa

Prima di esaminare alcune novità salienti introdotte dal D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, sembra utile premettere che sull’introduzione nell’ordinamento della composizione negoziata della crisi ha inciso la convergenza di più fattori [1]. Apparsa, pressoché in sordina, in un provvedimento estivo d’urgenza (D.L. 24 agosto 2021, n. 118) [2], essa è ora più organicamente disciplinata all’interno del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza [3]: la sua vicenda normativa offre, quindi, una conferma calzante del noto adagio – citato con una punta di amarezza già in alcuni lavori parlamentari di fine Ottocento – secondo cui in Italia «nulla è più definitivo del provvisorio» [4]. L’istituto ha polarizzato sin da subito l’attenzione dei giuristi, che ne hanno giustamente colto le potenzialità, in larga parte dovute ad una struttura che, se confrontata con le procedure concorsuali, spicca per duttilità [5]. L’iter della composizione negoziata e il percorso, ben più accidentato, del Codice si sono intersecati in più occasioni: anzitutto, l’esigenza di offrire agli imprenditori un rimedio agile per fronteggiare le situazioni di difficoltà determinate (o, comunque, acuite) dall’emergenza pandemica si è avvertita proprio in coincidenza dei rinvii che hanno interessato l’entrata in vigore del Codice [6]; inoltre, il sentimento di insoddisfazione per gli strumenti di allerta è stato un campo fertile per la composizione negoziata [7]. Con immagine icastica si è detto, infatti, che il Governo Draghi, nell’emanare il D.L. n. 118/2021, ha assunto le sembianze di una «novella Penelope», andando a disfare «la intricata tela tessuta in materia di allerta» [8]; la composizione negoziata ha avuto il merito, dunque, di contribuire al superamento della procedura d’allerta che, ancor prima di essere sperimentata nella pratica, era stata censurata perché «barocca» [9], per il suo «alto grado di burocratizzazione» [10] e per la fisionomia «vagamente arcigna, somigliante a quella delle tradizionali procedure concorsuali» [11]. Recenti indagini statistiche [12] evidenziano un ricorso ancora limitato all’istituto; può dirsi, con [continua ..]


SEZIONE PRIMA. – 2. L’architettura leggera della composizione negoziata

L’imprenditore commerciale o agricolo può presentare al segretario della Camera di commercio l’istanza di nomina di un esperto [16], quando versi in «condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario» che «rendono probabile la crisi o l’insolvenza» e risulti «ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa» (art. 12, 1° comma, c.c.i.i.). L’esperto [17], che deve soddisfare requisiti di indipendenza [18] e professionalità [19], è designato da una commissione costituita, presso la Camera di commercio, da un magistrato indicato dal presidente della Sezione specializzata in materia d’impresa del Tribunale del capoluogo ove si trova la Camera di commercio che ha ricevuto l’istanza e altri due membri nominati, rispettivamente, dal presidente della stessa Camera di commercio e dal prefetto (art. 13, 6° comma, c.c.i.i.) [20]. L’esperto, la cui sagoma è in parte sovrapponibile con quella del conciliateur del diritto concorsuale francese [21], è «terzo rispetto a tutte le parti» (art. 16, 2° comma, c.c.i.i.) e ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, concorrendo all’individuazione di una soluzione volta al superamento delle condizioni di squilibrio (art. 12, 2° comma, c.c.i.i.) [22]. Se l’imprenditore deve «rappresentare la propria situazione all’e­sperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente» (art. 16, 4° comma, c.c.i.i.) [23], compete comunque all’esperto valutare la «coerenza complessiva» dei dati informativi e assumerne ulteriori (art. 16, 2° comma, c.c.i.i.); accettata la nomina, l’esperto procede «senza indugio» alla convocazione dell’im­prenditore, al fine di valutare se sussistano prospettive di risanamento: in caso affermativo, seguiranno incontri a «cadenza periodica ravvicinata» con le parti interessate al risanamento, nei quali egli prospetterà le «possibili strategie di intervento»; se la verifica è negativa, l’esperto informerà l’imprenditore e il segretario della Camera di commercio perché provveda all’archiviazione (art. 17, 5° comma, c.c.i.i.). Nel corso delle [continua ..]


3. Brevi cenni ai presupposti della composizione negoziata

Quanto al presupposto soggettivo della composizione negoziata, si è anticipato che essa è rivolta ad ogni «imprenditore commerciale o agricolo» (art. 12, 1° comma, c.c.i.i.). La previsione va accolta con favore per due motivi: se su un versante consente al nuovo strumento, almeno potenzialmente, di correggere il maggior numero di condizioni di squilibrio esistenti [33], sull’altro versante essa coglie appieno la giusta intuizione di chi, recentemente, ha rilevato come i rimedi per comporre il dissesto ben possano risultare «appetibili» per tutti gli imprenditori [34], recuperando così quella sollecitazione, più lontana nel tempo, ad assimilare, almeno ai fini concorsuali, le attività agricole e commerciali [35]. Ai fini dell’attivazione dell’istituto, è irrilevante che lo squilibrio dell’impresa sia stato o meno causato dalla contingenza pandemica [36]; è sufficiente, come si è detto, che lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario renda probabile la crisi o l’insolvenza, in un contesto nel quale risulti «ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa» [37]. Una formulazione tanto ampia risente di una tecnica normativa a tratti inusuale, come emerge – in prospettiva storica – da tre esemplificazioni: la definizione di «insolvenza» accolta nel Codice (art. 2, lett. b), c.c.i.i.) ricalca l’art. 5 L. Fall. che, a sua volta, aveva costituito nel 1942 il risultato di progressivi affinamenti, dovuti al susseguirsi dei progetti di riforma del codice di commercio delle commissioni d’Amelio (art. 695, 2° comma)[38] e Asquini (art. 780)[39]. I precisi riferimenti, tuttora presenti nel Codice, agli «inadempimenti» del debitore e alla sua impossibilità di adempiere «regolarmente» furono introdotti nella legge fallimentare per dissipare le opacità di un’espressione involuta – «il commerciante che cessa di fare i suoi pagamenti per obbligazioni commerciali è in istato di fallimento» [40] – presente all’art. 683 del codice di commercio, trapiantata dalla codificazione napoleonica nelle legislazioni preunitarie [41] e mai del tutto adattatasi al sistema italiano [42]; di lì a meno di un quarantennio, la c.d. «legge Prodi» (L. 3 aprile 1979, [continua ..]


4. Un primo intermezzo comparatistico: «squilibrio finanziario ed economico-patrimoniale», «Drohende Zahlungsunfähigkeit» e «insolvencia inminente»

Vi sono ordinamenti europei che, codificato il concetto di «insolvenza imminente», consentono all’imprenditore di arrestare la propria attività e aprire il concorso tra i creditori in un frangente in cui egli, per quanto in difficoltà, sia ancora in grado di adempiere alle obbligazioni scadute. Nell’archetipo tedesco [50] l’accertamento di una situazione di «insolvenza imminente» («Drohende Zahlungsunfähigkeit»: § 18, InsO) legittima il debitore ad accedere alla procedura unitaria di insolvenza; la condizione ricorre quando «è prevedibile che il debitore non sarà in grado di adempiere alla scadenza le obbligazioni esistenti» [51]. È stato rimarcato in tempi recenti dalla Oberlandesgericht di Amburgo che la richiesta di apertura del concorso in presenza di una condizione di insolvenza imminente costituisce una facoltà, e non un obbligo, della parte debitrice [52]. Non può essere trascurato che l’incapacità di adempiere del debitore deve essere accertata a prescindere dalla circostanza che il creditore abbia richiesto l’adempimento [53], con la conseguenza che l’inerzia del ceto creditorio – come ricordato dalla Oberlandesgericht di Düsseldorf – non assume valore risolvente ai fini dell’esclusione dello stato di insolvenza imminente [54]; di qui il convincimento, espresso dalla Oberlandesgericht di Monaco, che debba essere scrutinata la posizione finanziaria della società nel suo complesso [55]. Atteso che la disciplina dell’«insolvenza imminente» è diretta a garantire il miglior soddisfacimento del ceto creditorio [56], può suscitare perplessità che la legge tedesca non consenta ai creditori di promuovere l’accertamento giudiziale di tale condizione [57]; è da obiettarsi, però, che la Germania è tra i «sistemi di disciplina dell’insolvenza che possono definirsi ‘debtor orientated’, e quindi più comprensivi verso le ragioni del debitore» [58]: circoscrivendo la legittimazione a presentare la domanda di accertamento alla sola impresa si assicura che i creditori non operino ingerenze rispetto ad una scelta – l’apertura del concorso in una fase in cui non vi è una situazione di conclamata insolvenza – che [continua ..]


5. I due grandi assenti all’avvio della composizione negoziata

L’accesso alla composizione negoziata si connota per l’elevato livello di snellezza organizzativa [68] e segna l’abbandono dell’approccio «rigido» e «macchinoso» della procedura d’allerta [69]. A lato di tale valutazione positiva dell’istituto, non può passare inosservata l’assenza, ai blocchi di partenza della composizione negoziata, del ceto creditorio e del Tribunale; ci si può – allora – chiedere se sia stata opportuna la mancata previsione di un controllo giudiziale sull’effettiva sussistenza dei presupposti di attivazione della composizione negoziata e se il non aver consentito ai creditori di attivare lo strumento costituisca un limite della sua disciplina. In uno dei primi commenti alla nuova disciplina si legge che «sarebbe stato preferibile che l’intervento del giudice avesse riguardato anche l’accesso alla stessa composizione negoziata e la nomina dell’esperto» [70]; l’assunto sembra da condividersi per più motivi. Eliminate – correttamente – quelle «involuzioni strutturali e cadenze burocratiche» tipiche della procedura d’allerta [71], vi sarebbe stato spazio per l’esame giudiziale dei presupposti di avvio di uno strumento che, per quanto stragiudiziale, è destinato ad incidere in misura anche significativa sulle ragioni dei creditori e su alcuni, circoscritti, profili gestori [72]. In questo senso, sarebbe stata astrattamente percorribile altresì la diversa strada seguita dal legislatore francese, il quale prevede che il debitore, nel richiedere l’apertura della procédure de conciliation, possa proporre al Président du Tribunal la nomina del soggetto – il conciliateur – che lo affiancherà nell’individuazione di una soluzione alle difficoltà dell’impresa; la designazione dell’esperto ricade, tuttavia, nella competenza del Président du Tribunal, il quale – a differenza del Giudice italiano – è altresì chiamato ad esaminare la «situazione economica, finanziaria, sociale e patrimoniale», le «esigenze di finanziamento» dell’imprenditore e «i mezzi per soddisfarle» (art. L611-6 code de commerce). Ciò che si intende dire è che il connotato privatistico della composizione negoziata di [continua ..]


6. Un secondo intermezzo comparatistico: aspetti di originalità della figura del Président du Tribunal de commerce

Nella composizione negoziata, come è stato osservato, non vi è «alcuna “chiusura del cerchio” in sede giudiziale» [81]. L’art. 23 c.c.i.i., nel regolare la conclusione delle trattative con i creditori, non collega appendici di tipo giurisdizionale all’eve­nienza in cui esse abbiano avuto un esito infausto; né l’esperto deve trasmettere segnalazioni al pubblico ministero. Ci si è discostati, in tal modo, dallo schema del­l’allerta inizialmente delineato dal Codice, nel quale il collegio degli esperti, rilevati «elementi» che rendessero «evidente la sussistenza di uno stato di insolvenza del debitore», avrebbe informato il referente che, a sua volta, avrebbe segnalato la circostanza al pubblico ministero [82]. Il pubblico ministero, ricevuta la segnalazione, si sarebbe allora rivolto al Tribunale perché accertasse lo stato di insolvenza: un risultato che avrebbe tramutato la procedura d’allerta, almeno nella sua variante patologica, nel prologo della liquidazione giudiziale [83]. Espunto – ed è stato un bene – l’intervento del pubblico ministero [84], si nota come il Giudice reciti, nella composizione negoziata, la parte mozartiana del convitato di pietra, la cui presenza, sempre incombente sullo svolgimento delle trattative, è destinata a palesarsi in momenti ben definiti e, di regola, su iniziativa dell’im­prenditore. Assume aspetti quasi paradossali l’osservazione che, nelle pieghe del Codice, si annida una sorta di editio minor della composizione negoziata, nella quale astrattamente l’imprenditore potrebbe non avere occasioni di interfacciarsi col Giudice: è il caso, scolastico ma non da escludere a priori, in cui il debitore non richieda l’applicazione di misure protettive, né ponga in essere alcuno degli atti – la contrazione di finanziamenti prededucibili, il trasferimento dell’azienda commerciale assistito dalla deroga all’art. 2560, 2° comma, c.c. – che richiedano la preventiva autorizzazione giudiziale. Il dato porta a misurarsi, in ottica comparatistica, col modello transalpino, ove il Président du Tribunal de commerce, più che esercitare poteri autorizzativi, assume funzioni di assistenza e consulenza in senso lato alle imprese in difficoltà. Egli può, infatti, avviare la [continua ..]


SEZIONE SECONDA. – 7. Il trasferimento d’azienda e i due volti di Giano

Il legislatore indica all’imprenditore in composizione negoziata due itinerari alternativi per giungere all’alienazione del complesso aziendale o di un suo ramo; scartata la soluzione di stampo francese che attribuisce al conciliateur il potere, su istanza del debitore o dei creditori, di «organizzare» la cessione dell’azienda (art. L611-7 code de commerce), il Codice assicura margini di autonomia all’impren­ditore nell’articolazione dell’operazione: ampi nell’ipotesi di trasferimento (implicitamente) regolata all’art. 21 c.c.i.i.; angusti nel diverso scenario contemplato all’art. 22 c.c.i.i. I tratti differenziali tra le due fattispecie di trasferimento richiamano, dunque, alla mente il capo di Giano, la divinità romana che era raffigurata bifronte: senza indugiare in particolari – che emergeranno dall’esame dei diversi aspetti normativi – si può sin da subito notare che il trasferimento assume fisionomie distinte nei contesti disciplinati agli artt. 21 e 22 del Codice. Benché, infatti, il trasferimento dell’azienda sia menzionato in modo espresso all’art. 22, lett. d), c.c.i.i., l’operazione ricade, senza eccessivi sforzi ermeneutici, anche nell’alveo di applicazione dell’art. 21 c.c.i.i., disposizione in materia di atti di straordinaria amministrazione: le vicende circolatorie dell’azienda eccedono, d’al­tronde, l’ordinaria amministrazione, in considerazione del rilievo che il trasferimento non si limita a realizzare l’effetto giuridico direttamente corrispondente all’in­tento delle parti del negozio (la traslazione dei beni organizzati dal cedente al cessionario), ma incide sulla sfera giuridica dei creditori; costoro subiranno, nel senso che non potranno opporvisi, il mutamento quantitativo e qualitativo del patrimonio del debitore per l’avvicendamento tra il complesso aziendale e una somma di denaro, come tale, per sua natura, più agevole da occultare agli occhi, anche più attenti, dei creditori [111]. Ampliando l’orizzonte dell’indagine, è da ricordare che la ricerca di un canone discretivo tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione si è rivelata particolarmente complessa nell’ambito del concordato preventivo, procedura che – in ciò distinguendosi dalla composizione negoziata – [continua ..]


8. L’inserimento del trasferimento d’azienda in un contesto normativo speciale: le ragioni della scelta del codice della crisi d’impresa e del­l’insolvenza

Il motivo per cui il Codice e, prima ancora, il D.L. n. 118/2021 hanno avvertito la necessità di apprestare regole speciali per il trasferimento d’azienda nella composizione negoziata, per quanto probabilmente intuitivo, merita di essere qui ribadito: è proprio nel corso delle trattative con i creditori che l’imprenditore può individuare nell’alienazione dell’azienda o, più limitatamente, di una o più sue articolazioni il rimedio che meglio si attaglia alla condizione di squilibrio dell’impresa [122]. Consentendo all’imprenditore di procedere al trasferimento nella pendenza della composizione negoziata si mitiga il rischio che il semplice trascorrere del tempo incida negativamente sul valore degli assets aziendali e renda, così, maggiormente gravosa la ricerca di soggetti potenzialmente interessati. Il Codice assicura, inoltre, che il trasferimento dell’azienda – operazione in sé destinata a mutare la consistenza patrimoniale dell’impresa e la garanzia dei creditori – sia preceduta da un’accurata ponderazione da parte dell’imprenditore. Questi, infatti, non potrà sottrarsi ad una rigida alternativa: o il trasferimento sarà autorizzato dal Giudice (art. 22 c.c.i.i.) oppure sarà oggetto di una preventiva informativa all’esperto (art. 21 c.c.i.i.). Il termine «trasferimento» ha ricevuto, con riferimento agli artt. 2556 e seguenti del codice civile, un’interpretazione per lo più restrittiva; si è detto, infatti, che non configurano una cessione d’azienda né «la vendita separata dei beni che la compongono» né la «vendita congiunta destinata a un fine differente» dall’esercizio del­l’attività d’impresa, quale il «loro progressivo smantellamento» [123]. Tale impostazione è vieppiù avvalorata dall’osservazione che il codice civile – all’art. 2556 – si riferisce esplicitamente ai «contratti che hanno ad oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda», quasi a voler chiarire sin da subito che le regole speciali dettate in ordine al divieto di concorrenza (art. 2557 c.c.) e alla successione nei contratti (art. 2558 c.c.), nei crediti (art. 2559 c.c.) e nei debiti (art. 2560 c.c.) non possono trovare [continua ..]


9. Il decreto di autorizzazione del Giudice può prevedere un piano di riparto delle somme ricavate dal trasferimento?

Coerentemente con l’impalcatura privatistica della composizione negoziata, il procedimento di autorizzazione non si conclude con l’emissione di un decreto di trasferimento; lo stesso termine «autorizzazione» rischia anzi di ingenerare un (evitabile) equivoco: non si tratta di un decreto diretto a rimuovere un limite, legalmente previsto, al potere dell’imprenditore di procedere alla stipulazione del contratto [131]. E, a conferma di ciò, va ripetuto ancora una volta che il trasferimento – ove il cedente non intenda liberare il cessionario dei debiti iscritti nella contabilità obbligatoria – sarà, più semplicemente, oggetto di un’informativa all’esperto. Se appare pacifico che il Giudice non possa, in assenza di un’espressa previsione normativa, ordinare la cancellazione dei diritti di prelazione e delle trascrizioni che insistono sui beni aziendali dei quali ha autorizzato il trasferimento [132], è più delicato stabilire se il decreto possa prevedere un ordine di distribuzione delle somme ricavate dal cedente. L’argomento favorevole si sintetizza nel rilievo che i creditori anteriori al trasferimento non possono, in deroga all’art. 2560, 2° comma, c.c.i.i., rivolgersi al cessionario per ottenere il pagamento dei crediti registrati nelle scritture contabili obbligatorie e devono ricevere, quindi, una tutela rafforzata. Si è ipotizzato, a livello teorico, che la previsione di un piano di riparto rientri tra le «misure ritenute opportune» che, ai sensi dell’art. 22 lett. d), c.c.i.i., possono essere dettate dal Giudice [133]. Alla tesi ora esposta devono muoversi, a parere di chi scrive, tre rilievi di segno contrario. Innanzitutto, la stessa previsione da parte del Giudice di un piano di riparto determinerebbe una disparità di trattamento rispetto al caso in cui l’azienda sia trasferita secondo le modalità di cui all’art. 21 c.c.i.i.: l’esperto, informato della volontà dell’imprenditore di cedere l’azienda, potrebbe al più esprimere il proprio dissenso e rivolgersi al Giudice affinché revochi le misure di protezione; è da escludere, però, che dall’esperto possano essere emanate indicazioni cogenti in ordine alla ripartizione del ricavato. Potrebbe altresì prospettarsi un ulteriore, benché più [continua ..]


10. La selezione del cessionario tra contraddittorio con le parti interessate e principio di competitività

Colmata la lacuna segnalata dalla dottrina [136] ed innovando rispetto all’art. 10, lett. d), D.L. n. 118/2021, l’art. 22 c.c.i.i. prescrive ora che il Giudice, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione al trasferimento dell’azienda, debba «verificare» il rispetto del «principio di competitività» nella selezione del cessionario. Nel periodo intercorrente tra l’emanazione del D.L. n. 118/2021 e l’entrata in vigore del Codice era intervenuto, tuttavia, il Documento allegato al decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021, che, indicando un modello «virtuoso» di trasferimento [137], aveva già sollecitato l’adozione di alcuni accorgimenti che, nel solco della competitività, tendevano a ridurre la discrezionalità del cedente nella scelta della controparte contrattuale [138]. Il riferimento espresso al «principio di competitività» porta con sé un quesito: la cessione dell’azienda, nella cornice della composizione negoziata, deve essere preceduta dall’esperimento di procedimenti formali di selezione del cessionario? Una prima risposta negativa all’interrogativo potrebbe basarsi sul noto brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit: all’art. 22, lett. d), c.c.i.i. non si rinvengono espressioni – tecnicamente più precise – quali «procedure competitive», «stima» e «adeguata pubblicità» che compaiono, invece, all’art. 94, 5° comma, c.c.i.i. in tema di concordato preventivo; né si prevede che il Giudice investito della domanda di autorizzazione, in presenza di più offerte, inviti gli offerenti ad una «gara sull’of­ferta più alta», come stabilito per contro, nell’ambito del processo di esecuzione, per le vendite immobiliari senza incanto (art. 573 c.p.c.). Nello stesso senso milita un rilievo sistematico; la durata contenuta dell’incarico dell’esperto e, più in generale, le esigenze di celerità sottese alla composizione negoziata ostano all’instaura­zione di procedure competitive in senso stretto [139]. Preme, tuttavia, mettere in guardia da un possibile fraintendimento. Sostenere che il principio di competitività, nell’ambito della composizione negoziata, possa ricevere una [continua ..]


11. Il favor del Codice per il cessionario: l’esonero di responsabilità per i debiti aziendali annotati nei libri contabili obbligatori

Gli effetti del contratto di trasferimento dell’azienda – se autorizzato ex art. 22, lett. d), c.c.i.i. – non sono revocabili ove, chiusa la composizione negoziata, si verifichi uno degli scenari contemplati al ricordato art. 24 c.c.i.i. [146]. Scenari che, proprio perché futuri ed eventuali, presuppongono il deterioramento drastico delle condizioni dell’imprenditore sul medio e lungo periodo; ma, nel breve periodo, è l’altra conseguenza del decreto di autorizzazione a rendere particolarmente conveniente per il cessionario il negozio traslativo: la liberazione dai debiti aziendali registrati. In dottrina si è osservato, innanzitutto, come il meccanismo sotteso all’art. 2560, 2° comma, c.c. risenta di una «anomalia» [147]: il cessionario è esposto alla responsabilità per passività che, sebbene riferite all’azienda di cui è divenuto titolare, trovano il proprio momento genetico in operazioni cronologicamente anteriori alla cessione e poste in essere dal cedente. Il carattere eccezionale della norma ha, soprattutto in passato, suscitato l’in­teresse degli interpreti; la norma è stata, ad esempio, giustificata sull’osservazione che, addossando al compratore i debiti aziendali, il legislatore avrebbe valorizzato il fatto che essi germinano da contratti «già eseguiti» dalla controparte contrattuale del cedente, con la conseguenza che il cessionario trova «già acquisiti all’azienda i relativi vantaggi» [148]. Vi è, in questa citazione, uno spunto che non può essere trascurato: i «debiti» ai quali si riferisce l’art. 2560, 2° comma, c.c., e che sono accollati al cessionario perché annotati nella contabilità obbligatoria, sorgono da posizioni contrattuali ormai definite, nel senso che implicano che la parte creditrice abbia già adempiuto alla propria obbligazione; di contro, i debiti collegati a posizioni contrattuali pendenti seguono la sorte chiaramente individuata all’art. 2558 c.c. e passano in via automatica al cessionario [149]; l’assunto, se calato nella composizione negoziata, porta ad escludere che il decreto di autorizzazione possa impedire la traslazione dal cedente al cessionario dei debiti riferiti alle posizioni contrattuali in corso di esecuzione [150]. La previsione fu giustificata, [continua ..]


12. Una proposta conclusiva: la composizione negoziata come procedura paraconcorsuale

Colpisce, sfogliando la relazione di accompagnamento al D.L. n. 118/2021, che alla composizione negoziata ci si riferisca, per ben diciassette volte, con un termine alquanto generico: «percorso». Se nei primi commenti la locuzione è stata definita «diplomatica» [163] e «laica» [164], può aggiungersi, meno eufemisticamente, che essa rende complesso il rapporto dell’istituto con le procedure concorsuali [165]. Come si è anticipato, sul finire del 2021, la Suprema Corte ha osservato, seppur incidentalmente, che la composizione negoziata «pacificamente non integra una procedura concorsuale» [166], facendo proprio un rilievo che, all’indomani dell’ema­nazione del D.L. n. 118/2021, era stato già formulato con chiarezza a livello interpretativo [167]; si è opportunamente notato che le procedure concorsuali postulano l’accertamento, da parte di un’autorità giudiziaria o amministrativa, dello stato di crisi o insolvenza e la designazione di organi di gestione o controllo sull’ammi­nistrazione, a seconda del grado di spossessamento [168]. Così impostata la questione, a fronte del mantenimento della gestione da parte dell’imprenditore e delle modalità extragiudiziali della nomina dell’esperto, è senz’altro corretto escludere la composizione negoziata dal novero delle procedure concorsuali. Appare stimolante, tuttavia, andare alla ricerca, nella sua disciplina, di eventuali profili procedurali e latamente concorsuali, anche tenendo a mente che tre sono i «presupposti minimali» delle procedure concorsuali circoscritti dai Giudici di legittimità: la presenza di una «qualsivoglia forma di interlocuzione con l’autorità giudiziaria, con finalità quantomeno “protettive” (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva)»; il «coinvolgimento formale di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo e fosse anche solo per attribuire ad alcuni di essi un ruolo di “estranei”, da cui scaturiscono conseguenze giuridicamente predeterminate» e la previsione di «una qualche forma di pubblicità» [169]. Il primo e l’ultimo di tali «presupposti minimali» parrebbero palesarsi nello strumento: benché privo del potere di nominare [continua ..]


NOTE