Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
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Concessione abusiva di credito e aggravamento del dissesto: la quantificazione del danno al patrimonio sociale (di Elena Depetris. Assegnista di ricerca in Diritto Privato presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca)


La Corte d’Appello di Milano, in applicazione dei principi enunciati da Cass. n. 9983/2017, condanna le banche che hanno erogato abusivamente credito all’imprenditore in stato di dissesto a risarcire, in solido con gli amministratori responsabili di atti di mala gestio, il danno cagionato al patrimonio della società per l’aggravamento del passivo conseguente al protrarsi della sua attività. La pronuncia merita di essere segnalata in quanto conferma il consolidarsi a livello giurisprudenziale di quell’interpretazione, da tempo propugnata in dottrina, che individua nell’ingiustificata erogazione di credito all’imprenditore privo dei necessari requisiti di meritevolezza la fonte di un danno diretto al patrimonio della società, rispetto al quale viene riconosciuta la legittimazione del curatore a domandare il risarcimento, da liquidarsi attraverso il criterio della differenza dei netti patrimoniali.

The Milan Court of Appeal, pursuant to the principles expressed in the Supreme Court’s ruling n. 9983/2017, condemns the banks that have illegally granted credit to the insolvent firm to pay compensation, jointly and severally with the company’s directors responsible for bad management practices, for the damage caused to the company’s assets due to the aggravation of the insolvency. The ruling confirms the thesis according to which the insolvency administrator can take legal action against banks demanding compensation for damage caused to the company by the illegal credit granting and indicates how to quantify this damage.

CORTE D’APPELLO DI MILANO, SEZ. I CIV., 21 GIUGNO 2018, N. 3081 Pres. e Rel. BONARETTI Fallimento – Fallimento delle società – Azione sociale di responsabilità – Responsabilità degli amministratori per violazione del divieto di nuove operazioni – Responsabilità delle banche per concessione abusiva di credito – Responsabilità solidale – Sussistenza (Artt. 2392, 2393, 2449 vecchio testo, 2043, 2055 c.c.) Gli amministratori e gli istituti di credito che, ciascuno nel proprio ruolo professionale, chiedono ed erogano finanziamenti in violazione dei rispettivi doveri di corretta e diligente gestione sono responsabili in solido del danno cagionato alla società per averne aggravato la situazione patrimoniale e finanziaria, ritardandone il momento del dissesto. Fallimento – Fallimento delle società – Azione sociale di responsabilità – Responsabilità delle banche per concessione abusiva di credito – Responsabilità solidale – Curatore fallimentare – Legittimazione – Sussistenza (Artt. 2043, 2055, 2393 c.c.; art. 146 L. Fall.) Il curatore fallimentare è legittimato ad agire, ai sensi degli artt. 146 L. Fall. e 2393 c.c., nei confronti delle banche quali soggetti terzi responsabili, in solido con gli amministratori, del danno cagionato alla società fallita. Fallimento – Fallimento delle società – Aggravamento del dissesto – Danno al patrimonio sociale – Quantificazione – Criterio della differenza dei netti patrimoniali (Artt. 1226, 2393, 2449 vecchio testo c.c.) Per liquidare il danno al patrimonio sociale derivante dal ritardo nell’emersione del dissesto è possibile ricorrere al criterio equitativo della differenza dei netti patrimoniali, a condizione che sia stato allegato un inadempimento dell’amministratore idoneo in astratto a provocare il danno e che siano state indicate le ragioni impeditive dell’accertamento rigoroso degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla di lui condotta. (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto notificato in data 27.1.2003, il Fallimento V. srl citava in giudizio El. e Er. O., rispettivamente ex-amministratori – di diritto e di fatto – della società fallita, nonché la Banca di Credito Cooperativo di Carate Brianza soc. coop. a r.l. (d’ora in avanti BCCCB), la Banca Popolare di Rho spa (oggi Credito Valtellinese spa) e la Cariplo spa (oggi Intesa Sanpaolo) e chiedeva l’accertamento della responsabilità degli ex-amministratori per mala gestio ai sensi degli artt. 2392, 2394, 2449 e 2043, cc, allegando l’omessa adozione dei provvedimenti previsti dalla legge in caso di perdita di capitale ex art. 2447 cc, l’esecuzione di [continua..]
SOMMARIO:

1. Abusiva concessione di credito e procedure concorsuali: il curatore è legittimato a chiedere il risarcimento alle banche responsabili in solido per l’aggravamento del dissesto - 2. La vicenda processuale - 3. Il giudizio di rinvio davanti alla Corte d’Appello di Milano: la responsabilità concorrente di amministratori e istituti di credito nell’aggravamen­to del dissesto - 4. La determinazione del danno: il criterio della differenza dei netti patrimoniali - NOTE


1. Abusiva concessione di credito e procedure concorsuali: il curatore è legittimato a chiedere il risarcimento alle banche responsabili in solido per l’aggravamento del dissesto

La pronuncia in epigrafe rappresenta l’ultimo capitolo di una complessa vicenda giudiziaria avente a oggetto la responsabilità concorrente di amministratori e istituti di credito nell’aggravamento del dissesto di una s.r.l., poi dichiarata fallita. Il caso si segnala per l’attenzione dedicata al tema della responsabilità del finanziatore per concessione abusiva di credito, indagato sotto il profilo del concorso nel danno arrecato al patrimonio dell’impresa indebitamente finanziata (da cui il riconoscimento, come si dirà meglio infra, della legittimazione attiva dell’organo della procedura concorsuale), e alla sua liquidazione, effettuata facendo ricorso al criterio della differenza dei netti patrimoniali. Tali profili, solo recentemente esaminati dalle corti nella loro esatta configurazione, appaiono di sicuro interesse, in quanto si inscrivono nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione dei finanziatori nell’attività professionale di erogazione del credito, opportuna anche a fronte del depotenziamento della revocatoria fallimentare [6] a opera della riforma della legge fallimentare attuata nel 2005 (cfr. D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, in L. 14 maggio 2005, n. 80) [7]. Il tema della responsabilità del finanziatore per concessione abusiva di credito, seppur da tempo oggetto di studio da parte di copiosa e autorevole letteratura [8], ha incontrato non poche difficoltà a trovare spazio nello svolgimento delle procedure concorsuali, precipuamente per questioni legate al riconoscimento della legittimazione del curatore fallimentare (o dell’altro organo della procedura) a domandare il risarcimento del danno derivante dalla concessione irregolare del credito [9]. Secondo l’impostazione tradizionale, infatti, la concessione di credito a un soggetto privo dei necessari requisiti di meritevolezza provoca una distorsione della percezione di solvibilità del sovvenuto, capace di generare nel mercato un falso affidamento in ordine alla sua solidità patrimoniale e finanziaria; l’apparenza di solvibilità arreca pregiudizio ai terzi, in quanto li induce a entrare in rapporti con il finanziato (creditori posteriori all’erogazione del credito) o a mantenere con lui rapporti già in essere (creditori anteriori all’erogazione del credito) [10]. Seguendo [continua ..]


2. La vicenda processuale

Nel 2003 il Fallimento di una s.r.l. conviene in giudizio avanti il Tribunale di Monza tre istituti di credito e i due ex amministratori, di diritto e di fatto, della società fallita per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento del danno arrecato al patrimonio della società e ai creditori sociali dalle loro condotte antigiuridiche e concorrenti. La curatela avanza due diverse domande: i) da un lato, la richiesta di risarcimento del danno patito dai creditori sociali in conseguenza del falso affidamento ingenerato circa la solvibilità della s.r.l. e determinato dalla sistematica abusiva concessione di credito da parte delle banche; ii) dall’altro, la richiesta di risarcimento del danno arrecato al patrimonio della società, ex artt. 2392, 2393, 2394, 2449 (vecchio testo), 2043 c.c. e 146 L. Fall., dalle banche in concorso con gli amministratori per effetto dell’abusiva concessione di credito (delle prime) e dell’a­busivo ricorso al credito (dei secondi) pur in presenza di una causa di scioglimento della società, poi fallita. Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 2625/2007 [16], respinge le domande svolte dal Fallimento nei confronti delle banche. Con riferimento alla domanda risarcitoria azionata per i danni subiti dai creditori sociali il giudice, uniformandosi alla sentenza, Sez. Un., n. 7029/2006, dichiara la carenza di legittimazione attiva del curatore fallimentare, trattandosi di azione esercitabile solo dai singoli creditori in via individuale; con riferimento, invece, al danno diretto al patrimonio della società il giudice rigetta la domanda ritenendo che manchi il diritto vantato dal curatore di cui sia titolare la società fallita [17]. Con riguardo agli amministratori il Tribunale esclude la loro responsabilità in relazione all’esecuzione di operazioni vietate in caso di perdita del capitale ex art. 2449 c.c., ritenendo mancante l’individuazione e la prova delle dette operazioni; accerta, invece, le loro condotte distrattive e li condanna in solido al pagamento del relativo importo in favore del Fallimento, oltre interessi legali dalla decisione al saldo. Proposta impugnazione, la Corte d’Appello di Milano conferma le statuizioni del giudice di prime cure, rigettando sia l’appello principale svolto dal Fallimento sia quelli incidentali delle banche e [continua ..]


3. Il giudizio di rinvio davanti alla Corte d’Appello di Milano: la responsabilità concorrente di amministratori e istituti di credito nell’aggravamen­to del dissesto

Nella sentenza in commento la Corte d’Appello di Milano dà piena attuazione ai principi espressi dalla Cassazione nel 2017. Esaminate e respinte le eccezioni preliminari sollevate dalle difese dei convenuti, il giudice del rinvio analizza gli elementi costitutivi della responsabilità loro addebitata, cui è collegata la domanda risarcitoria avanzata dal Fallimento. Il primo elemento del giudizio di responsabilità concerne l’individuazione della condotta antigiuridica imputabile ai convenuti, da declinare diversamente avendo riguardo a ciascuna categoria: da un lato gli amministratori, che devono adempiere i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze (art. 2392 c.c.); dall’altro gli istituti di credito, che debbono esercitare l’attività di finanziamento nel rispetto delle regole della loro professione. Con riguardo ai primi la Corte osserva che, nonostante la società versasse in una situazione di grave crisi economica e finanziaria [22], questi omettevano di adottare i provvedimenti necessari (art. 2447 c.c.) e operavano scelte gestorie non conformi ai principi di prudenza e diligenza, facendo ripetutamente ricorso al credito ed effettuando investimenti; i nuovi finanziamenti, essendo assolutamente incompatibili con lo scopo di liquidazione della società, integravano nuove operazioni vietate ai sensi dell’art. 2449 c.c. (v. oggi art. 2486 c.c.), facendo così sorgere un’obbligazione risarcitoria in capo agli amministratori per le conseguenze pregiudizievoli derivatene all’impresa [23]. Al ricorso abusivo al credito da parte del­l’organo gestorio corrispondeva l’avventata e ingiustificata erogazione di credito da parte delle banche, che anche nei momenti più critici della vita della società continuavano a erogarle ingenti finanziamenti senza effettuare i dovuti controlli (non solo in termini di solidità patrimoniale e di garanzie, ma anche e soprattutto in ordine alle scelte in concreto pianificate per recuperare le perdite subite e alla prognosi di futuro miglioramento), in violazione dei doveri di prudente gestione. Accertata l’esistenza delle violazioni addebitate ai convenuti, la valutazione si sposta sul piano delle conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate. Si deve, in [continua ..]


4. La determinazione del danno: il criterio della differenza dei netti patrimoniali

Affermata la responsabilità solidale di tutti i soggetti convenuti dal Fallimento, la Corte è chiamata a valutare il danno cagionato all’impresa: danno che deve essere individuato nel ritardo dell’emersione del dissesto della società indebitamente sovvenuta, con conseguente aggravamento del passivo. Le statuizioni del giudice sul punto meritano di essere approfondite, potendo costituire un utile riferimento per le future controversie. In via generale la prova dell’esistenza e della quantificazione del danno (per tale intendendosi quello che è conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o del fatto illecito: artt. 1223 e 2056 c.c.) spetta al curatore che agisce in giudizio (art. 2697 c.c.) [28]; nel caso in cui il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice in via equitativa (artt. 1226 e 2056 c.c.). Nel liquidare il danno in via equitativa il giudice deve indicare il processo logico e valutativo seguito nel determinare l’entità del risarcimento, affinché la sua decisione non presenti i connotati dell’arbitrarietà; ove la decisione di merito dia adeguatamente conto dei criteri seguiti, essa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità [29]. Nella materia che ci occupa la valutazione equitativa del danno trova un referente nel criterio della differenza dei netti patrimoniali, sul quale occorre soffermarsi. Il criterio della differenza dei netti patrimoniali trova il suo campo d’elezione nel­l’ambito della quantificazione del danno connesso alla violazione dell’obbligo di gestione conservativa del patrimonio sociale al manifestarsi di una delle cause di scioglimento. Ai sensi dell’art. 2449, 1° comma, c.c. (vecchio testo) [30], gli amministratori, quando si è verificato un fatto che determina lo scioglimento della società [31], non possono intraprendere nuove operazioni [32]; contravvenendo a questo divieto essi assumono responsabilità illimitata e solidale per gli affari intrapresi [33]. Nella vicenda in esame il ricorso abusivo al credito da parte degli amministratori (cui corrisponde specularmente la concessione abusiva di credito da parte delle banche) integra il presupposto delle nuove operazioni compiute in violazione del dovere di gestione conservativa del patrimonio [continua ..]


NOTE