Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
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La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà (di Alberto Jorio. Professore ordinario f.r. di Diritto commerciale nell’Università di Torino)


La riforma organica delle procedure concorsuali presenta forti profili di novità nella nuova disciplina delle soluzioni stragiudiziali. Tuttavia la prospettiva di riservare la procedura di composizione assistita alle situazioni di crisi, e cioè di pre-insolvenza, e di escluderle per le situazioni nelle quali l’insolvenza si è già manifestata, seppure non con forte intensità, rischia di compromettere la diffusione del nuovo istituto. La sua regolamentazione risulta inoltre eccessivamente complessa.

Il concordato preventivo, nelle sue varie forme di pre-concordato, concordato liquidatorio e concordato in continuità aziendale, ha subito modifiche che denotano la volontà del legislatore di restringerne le opportunità di applicazione.

Su questi aspetti della riforma il giudizio non è quindi positivo.

The organic reform of insolvency procedures entails strong profiles of novelty in the new discipline of out-of-court solutions. However, the prospect of reserving the assisted settlement procedure for situations of crisis, that is to say pre-insolvency, and to exclude it for situations where insolvency has already occurred, even if not too seriously, is likely to jeopardize the spread of new institution. Furthermore, its regulation is excessively complex.

The preventive composition with creditors, in its various forms of pre-agreement, agreement upon liquidation and agreement upon going concern, has undergone changes denoting the intention by the legislator to restrict its application opportunities.

Therefore, on these aspects of the reform the opinion is not positive.

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SOMMARIO:

1. Le meritorie finalità della riforma - 2. La sostanziale sintonia con le sollecitazioni dell’Unione Europea e degli organismi sovranazionali - 3. La opportunità di riservare la procedura di composizione assistita anche alle situazioni di insolvenza rimediabili tramite un accordo con i creditori - 4. I meccanismi della composizione assistita. Le loro criticità. Le ambigue funzioni della terna di professionisti. La soluzione preferibile - 5. Le nuove disposizioni sul concordato preventivo. Conclusioni non confortanti - NOTE - -


1. Le meritorie finalità della riforma

Allorché avevo iniziato a scrivere queste pagine non si sapeva quale destino sarebbe stato riservato alla riforma del diritto fallimentare. Con l’approvazione finale da parte del governo del decreto legislativo la volontà politica di portare in porto la riforma è divenuta evidente. Stiamo quindi vivendo un momento particolare: la legge delega è ormai legge dello Stato e il decreto legislativo è a disposizione nella sua versione definitiva. Ci troviamo così in una situazione ancora fluida, stante la prevista vacatio legis, e peraltro privilegiata, che consente un’analisi critica delle possibili norme attuative della legge delega, un’analisi che tuttavia non intende qui limitarsi ad alcuni suggerimenti di correzioni marginali, e finisce invece fatalmente per co­involgere alcuni fondamenti della riforma contenuti nella stessa legge delega, pur nella consapevolezza che si tratti di rilievi destinati (almeno per ora) a cadere nel vuoto. Ho già espresso in altre occasioni [1] la mia opinione generale sulla riforma con riguardo al suo profilo più innovatore: le misure di prevenzione e di allerta e il processo di soluzione assistita delle crisi. Si tratta, nei suoi propositi, di una riforma coraggiosa, che intende costruire gli strumenti per un approccio nuovo alla crisi d’impresa e cambiare la mentalità degli imprenditori, a tutto vantaggio della conservazione degli organismi produttivi e indefinitiva anche delle attese del ceto creditorio: una riforma che attraverso un sistema articolato di incentivi e disincentivi si propone di indirizzare le imprese verso una consapevolezza più intensa della necessità di avvertire con tempestività i sintomi della crisi e di operare in conseguenza, anzitutto nella propria struttura interna. Una riforma che intende traghettare il governo delle imprese nel “migliore dei mondi possibili”, ove sia prestata costante attenzione ai sintomi di crisi e al rischio di insolvenza, ed ove l’impresa in difficoltà di tipo finanziario (ma non di rado connesse a carenze economiche, patrimoniali e gestionali) possa fruire tempestivamente di strumenti riservati e premiali per raggiungere rapidi accordi con i creditori, comprensibilmente interessati – almeno in buona parte – alla prosecuzione dei rapporti economici con un’impresa tesa a cercare di superare la crisi piuttosto che [continua ..]


2. La sostanziale sintonia con le sollecitazioni dell’Unione Europea e degli organismi sovranazionali

Va anzitutto dato atto che sia le prescrizioni della legge delega sia gli strumenti di soluzione assistita della crisi d’impresa esposti nel decreto legislativo sono in sintonia con le sollecitazioni e provenienti dagli organismi dell’Unione Europea e internazionali. La Raccomandazione della Commissione UE del 12 marzo 2014 “su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza” [3] esponeva nei suoi “considerando” l’obiettivo primario di “garantire a imprese sane in difficoltà finanziaria (…) l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce, in modo da evitare l’insolvenza” [4] (il secondo obiettivo consisteva nel “dare un’opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono”). Venivano ricordati gli inviti in precedenza rivolti dalla Commissione agli Stati membri affinché venissero offerti “servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, di consulenza per evitare i fallimenti e di sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi” [5]; si assumeva come necessario “incoraggiare una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in materia di insolvenza onde ridurre le divergenze e le inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria” [6], salvaguardando così anche i posti di lavoro e con effetti positivi sull’economia generale. Veniva ribadito che il quadro normativo avrebbe dovuto “permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’in­solvenza e proseguendo le attività” [7]. E al fine di evitare potenziali abusi la Raccomandazione insisteva sulla necessità di una accurata verifica che “le difficoltà finanziarie del debitore comport(as­sero) con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione (fosse) tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’im­pre­sa” [8]. Per raggiungere questi obiettivi la Raccomandazione sollecitava le legislazioni nazionali a “contemplare procedure flessibili, che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato [continua ..]


3. La opportunità di riservare la procedura di composizione assistita anche alle situazioni di insolvenza rimediabili tramite un accordo con i creditori

L’attenzione, forse un po’ pignola, che ho riservato alle indicazioni europee e internazionali ha un suo preciso significato: porre in evidenza la forte sintonia della riforma Rordorf, sostanzialmente recepita dal nostro parlamento e riflessa nel decreto legislativo, con le sollecitazioni sovranazionali. La prevenzione tempestiva del­l’insolvenza e la necessità di intervenire ai primi sintomi della crisi sono valori sui quali occorre sicuramente insistere; la nuova formulazione dell’art. 2086 del codice civile, che potrebbe apparire superflua in ragione della presenza di disposizioni del codice che già impongono ai gestori delle società di capitali la istituzione di corretti assetti organizzativi e il costante controllo della permanenza della continuità aziendale [36], ha invece una valenza programmatica di carattere istituzionale che riguarda opportunamente la gestione di qualsiasi impresa collettiva [37] e per il perseguimento di una finalità che travalica la prevenzione della crisi, riguardando anzitutto l’ottimale gestione dell’impresa in bonis [38]. Ed opportuni si pongono i riferimenti alla necessità che l’imprenditore si attivi ai primi sintomi della crisi [39]. Qui, però sorge una prima perplessità, che si può riassumere in questo interrogativo: le disposizioni sulla composizione assistita della crisi disegnate negli artt. 12 ss. del “Codice della crisi e dell’insolvenza” sono destinate a trovare applicazione esclusivamente in presenza di una situazione di crisi, intesa, secondo l’art. 2 del “Codice”, come “lo stato di difficoltà economico-finanziario che renda probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” [40], oppure esse possono trovare applicazione anche qualora l’insolvenza si sia già manifestata, quando cioè il debitore abbia già palesato la propria impossibilità di far fronte alle obbligazioni correnti? Detto in altri termini, la composizione assistita è preclusa o è ancora possibile per l’imprenditore che ha iniziato a divenire insolvente? Se si guarda alle indicazioni dell’Unione e se ci si attiene strettamente alla definizione di crisi [continua ..]


4. I meccanismi della composizione assistita. Le loro criticità. Le ambigue funzioni della terna di professionisti. La soluzione preferibile

Vengo ora all’aspetto più problematico di questa parte della riforma: i meccanismi della composizione assistita [57]. Gli interessi convergenti della magistratura e di Confindustria hanno fatto sì che la composizione assistita sia stata prevista con modalità rigorosamente esterne alle aule giudiziarie. Si è così pensato all’istituzione degli organismi di composizione della crisi d’impresa costituiti presso le Camere di commercio, e ai quali demandare la formazione di un collegio di tre esperti, preposti ad assistere l’imprenditore e ad individuare, assieme all’imprenditore, le possibili misure idonee alla composizione della crisi. La natura e la funzione del collegio non sono tuttavia chiare. Se si assimila il collegio al mandataire ad hoc francese si è propensi a ritenere che la sua funzione consista nell’aiutare il debitore a raggiungere un accordo, o più accordi, con i creditori, agendo come gruppo di professionisti di sua fiducia. E ne farebbe indirettamente fede, in tal senso, la previsione che, ai sensi dell’art. 6, 3° comma, del Codice non siano prededucibili i crediti professionali “per prestazioni rese su incarico conferito dal debitore durante le procedure di allerta e composizione assistita della crisi a soggetti diversi dall’OCRI”. Questa disposizione significa, se non vado errato, che il rapporto professionale sino ad allora intercorso tra l’imprenditore e i suoi professionisti di fiducia debba interrompersi (salvo che intervengano pagamenti dei relativi onorari da parte di terzi) e che l’unico rapporto fiduciario debba intercorrere con i tre soggetti componenti la terna, sino ad allora perfettamente sconosciuti dal­l’imprenditore, il quale dovrà sostenerne i costi di assistenza. Qualora, poi, il debitore intenda presentare domanda di ammissione al concordato preventivo o depositare un accordo di ristrutturazione del debito i componenti del collegio (pur non prevedendosi più che possano assistere il debitore nella presentazione della domanda) possono attestare, su richiesta del debitore, la veridicità dei dati aziendali (art. 19). Il collegio si configura in tal modo come l’assistente professionale del debitore, preposto a consigliarlo nella ricerca del modo migliore di superare la crisi e a interagire con i creditori. E poiché, come l’esperienza [continua ..]


5. Le nuove disposizioni sul concordato preventivo. Conclusioni non confortanti

Veniamo ora ad alcune considerazioni sulla soluzione giudiziale delle crisi d’im­presa. Il percorso delineato dal Codice per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza è unitario. Per il concordato preventivo esso è scandito essenzialmente dagli artt. 44 ss., e risulta più severo rispetto alle regole oggi vigenti. Ma è tutta la disciplina del concordato, contenuta in regole che pagano lo scotto di essere inserite in un modello di procedura unitaria applicabile anche alla liquidazione giudiziale, a manifestare l’esistenza di una sorta di avversione di fondo per le soluzioni alternative alla liquidazione [67]. E ciò ancorché la disciplina delle soluzioni concordate sia stata giustamente collocata anteriormente a quella della liquidazione giudiziale. L’art. 39 elenca gli obblighi del debitore che chiede l’accesso ad una procedura giudiziale regolatrice della crisi o dell’insolvenza, quindi il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il debitore deve depositare, oltre alle scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti, i bilanci degli ultimi tre esercizi, un’idonea certificazione dei debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi, una relazione sulla situazione e­conomica, patrimoniale e finanziaria aggiornata, uno stato particolareggiato ed esti­mativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso, con l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto, ed infine una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore. Quest’ulti­mo onere, più gravoso rispetto a quello previsto nella versione precedente del Codice, che si limitava al biennio anteriore, potrebbe comportare qualche rischio di pericolose dimenticanze. Nella precedente versione la documentazione sembrava dovesse essere depositata in ogni caso, e quindi anche qualora il debitore avesse formulato la semplice domanda di accesso alle procedure, senza depositare né proposta né piano. E qui sarebbe emersa una significativa differenza rispetto alla disciplina [continua ..]


NOTE

* Queste pagine sono dedicate agli Scritti in ricordo di Michele Sandulli. Frequenti riferimenti vengono fatti a contributi contenuti nella raccolta dei menzionati Scritti che sono di prossima pubblicazione e per i quali non è ancora possibile indicare la pagina. [1] Mi limito a ricordare La parabola del concordato preventivo: dieci anni di riforma e controriforme, in Giur. comm., 2016, I, p. 15 ss.; e Su allerta e dintorni, ivi, 2016, p. 26 ss.; Orizzonti prevedibili e orizzonti improbabili del diritto concorsuale, in A. JORIO-B. SASSANI (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, Milano, 2017, vol. V, p. 1321 ss. [2] Mi si consenta di rinviare a Salvataggio o liquidazione delle imprese in crisi, in Giur. comm., 1983, I, p. 451 ss., ripreso in Le crisi d’impresa. Il fallimento, in G. IUDICA-P. ZATTI (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano, 2000, Introduzione, Le procedure concorsuali tra tutela del credito e salvaguardia dei complessi produttivi, p. 61 ss. E v. anche l’Introduzione a Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato da Fabiani, Bologna-Roma, 2006, I, p. 17 ss., nonché, più recentemente, Introduzione generale alla disciplina delle crisi d’impresa, in A. JORIO-B. SASSANI(diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, vol. I, Milano, 2014, p. 95 ss. Il trascorrere degli anni mi rende sentimentalmente ancor più caro il ricordo del primo tentativo di riforma delle procedure concorsuali del quale mi sono occupato, attento alle indicazioni provenienti dalle legislazioni statunitense e francese, e costruito, nell’ambito dei collaboratori della Rivista Giurisprudenza commerciale, dal compianto Edoardo Ricci, da Alberto Maffei Alberti e dal sottoscritto. L’elaborato, che si può leggere in Giur. comm., 2000, I, p. 5 ss., indicava i possibili contenuti di una legge delega di radicale riforma della legge fallimentare del ’42, che sarebbero stati poi ripresi dalla riforma del 2005-2006 e parzialmente rimasti nella riforma varata dalla commissione Rordorf. [3] Così, espressamente, il titolo della Raccomandazione, sulla quale G. MONTELLA, L’antitesi tra procedure conservative e procedure di liquidazione alla luce della Raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014, in Fall., [continua ..]